SCUORNO
Con il s.vo astratto in epigrafe si rende
stringatamente in napoletano quelli che
in italiano possono essere volta a volta :
vergogna, umiliazione, beffa, ignominia, infamia, disonore, macchia, onta e piú
esattamente si significa il senso
di umiliazione e di vergogna, spesso accompagnato da beffa o dal ridicolo,
provocato dal fatto di non essere riusciti in un intento, o dall’essere stati
facilmente superati o sconfitti da altri o anche il senso di mortificazione, di
turbamento e di disagio suscitato dalla coscienza o dal timore della
riprovazione e della condanna (morale o sociale) di altri per un’azione, un
comportamento o una situazione, che siano o possano essere oggetto di un
giudizio sfavorevole, di disprezzo o di discredito. Soprattutto in quest’ultima
accezione il termine in epigrafe è presente nella locuzione partenopea: Metterse scuorno spesso coniugata all’imperativo Miéttete scuorno!/Miettaténne scuorno! o al congiuntivo imperfetto
in funzione ottativa: Se ne mettesse
scuorno! Letteralmente Metterse scuorno vale Vergognarsi; id
est: Avvertire su di sé, quasi a pelle,a mo’ d’abito un sentimento che è quello
di mortificazione derivante dalla consapevolezza che un'azione, un
comportamento, un discorso, un atteggiamento
ecc., propri o anche di altri, sono disonorevoli, sconvenienti, ingiusti
o indecenti e provarne apertamente anche con la manifestazione del rossore del
viso, disonore, imbarazzo, disagio, scorno.
scuorno s.vo astratto
neutro = scorno, vergogna,
umiliazione, beffa, ignominia, infamia, disonore, macchia, onta;etimologicamente
è voce deverbale di scurnà = mettere
in ridicolo, deridere, svergognare che a
sua volta è ricavato dal lat. cŏrnu-m con protesi di una S
distrattiva che indica semanticamente la pedita di qualcosa, che nella
fattispecie è la durezza del corno
atteso che chi prova scorno, vergogna,
umiliazione dimostra, col restare in preda allo scorno di non avere piú
la faccia tosta per reggere l’ignominia, l’infamia, il disonore, l’onta di cui si è macchiato.
Brak
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