STRELLAZZÈRA
Numerose son le aggettivazioni che la lingua toscana usa
per indicare il tipo di donna che susciti ripugnanza o anche solo
fastidio per i suoi atteggiamenti o comportamenti non consoni,ed volta a volta
tale donna è détta: becera, ciana,triviale,
cafona, laida, zotica, urlona etc.
Esamino qui di seguito le singole
espressioni:
Beceras.vo e/o
agg.vo f.le del m.le becero: persona,
ma soprattutto donna dai modi volgari e/o triviali, chiassosa, maleducata ed
insolente brutta e sciatta; voce probabilmente alterata di pècoro (dal lat. pecus), ma forse piú esattamente forgiata, quale
deverbale, sul lat. vocilare atteso il
comportamento chiassoso del/della becero/a.
Ciana s.vo e/o
agg.vo f.le: donna del
popolo pettegola e sguaiata, donna vile e malcreata dell’infima plebe
fiorentina; alcuni ritengon la voce forma alterata di cionna( che in
italiano un tempo valse appunto donna
vile e plebea; rammento, per incidens, che il napoletano à un’omogrofa ed
omofona cionna/scionna che però con
derivazione dal t. lat. flunda vale
fionda ); la cionna dell’italiano, a sua volta è corruzione di cionca
p.p. del verbo cioncare nel
senso di bere smodatamente ubriacandosi con conseguenti atteggiamenti non
consoni; altri riallacciano la voce
ciana, ma non so con quanta esattezza, allo spagnolo chanela (pianella);
reputo che molto piú verosimilmente la voce sia solo l’abbreviazione del nome
Luciana da legare al nome della protagonista, plebea pettegola e ciarliera, del
melodramma Madama Ciana
( appunto abbreviazione di Luciana)
di un tal A. Valle (1738);
salto il termine cafona che già
illustrai altrove e passo a
Laida agg.vo f.le del m.le laido : donna atta a suscitar ribrezzo e
fastidio e piú estensivamente: oscena, sporca, turpe e ripugnante; voce
etimologicamente derivante
dal provenz. ant. laid
'sgradevole', di orig. francona;
Zotica agg.vo e
s.vo f.le del m.le zotico: donna rozza e villana dai modi
esuberantemente arruffoni; voce forse dal greco zo- tikòs: pieno di vita, ma piú probabilmente dal lat.:ex-oticus: forestiero e quindi ignaro
dei giusti usi e costumi di un luogo.
Tutte queste voci, in napoletano
vengon rese con un unico termine(un aggettivo, usato però quasi sempre in
maniera sostantivata) di pertinenza esclusiva femminile che racchiude in sé tutte
quante le varie accezioni esaminate; esso termine è Strellazzèra che è appunto la donna becera, ciana, zotica e villana
quando non laida che fa dell’urlare e del proporsi chiassosamente la sua
costante divisa; pacifica la sua etimologia in quanto deverbale forgiato sul
basso latino:stridulare (dal classico stridulus)
con aggiunta d’un suffisso peggiorativo: era.
Talvolta la voce strellazzèra,
in luogo d’essere usata quale aggettivo sostantivato, riprende la sua
originaria funzione d’aggettivo in accompagnamento – per designare un po’ tutte
le evenienze summenzionate – con il sostantivo vajassa che sta in origine
ad indicare la fantesca, la serva ed estensivamente la
donna di bassa condizione sociale e quindi vile e plebea, se non rozza,
villana, dai modi ineducati; ed a
maggior ragione quando la vajassa sia anche strellazzèra.
Etimologicamente il termine vajassa è dalla voce araba
baassa pervenutoci attraverso il francese bajasse: fantesca, donna
rozza e un po’ sporca, ed estensivamente donna del popolo villana e gridanciana.
Per incidens rammenterò che dalle
medesime voci arabo-francesi, il toscano à tratto il termine bagascia nel significato di meretrice, significato
presente anche nel napoletano nell’espressione: essere ‘na vajassa d’’o rre ‘e Francia e cioè: esser fantesca del re di Francia, id est: meretrice contaminata
dalla sifilide o tabe, rammentando che tale affezione venerea fu detta dai
napoletani mal francese (ritenendosi
malattia trasmessa ai napoletani, attraverso le meretrici locali, dai soldati
francesi di Carlo VIII (1470 - 1498), mentre per converso, in Francia fu
malattia detta mal di Napoli).
Raffaele Bracale
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