STRUFFOLI
o STRINGHETTE &cicerchiata
Questa volta per una veloce ricerca linguistica farò riferimento
alle voci in epigrafe che in napoletano indicano un tipico dolce natalizio o
carnascialesco, dolce che però, non necessitando di particolari ingredienti
stagionali può essere preparato durante tutto l’anno, con gran soddisfazione di
chi ne mangi, essendo una preparazione
squisita.
Prima di addentrarci in questioni linguistiche, mi par opportuno
indicare qui di seguito l’esatta ricetta del dolce,indicandone le dosi e il
relativo modo di approntarlo.Ricorderò, prima di riportare la ricetta, che
detto dolce è originariamente un dolce napoletano nato tra la fine del XVII sec.
ed i principi del XVII nelle cucine di monasteri femminili napoletani, ad opera
delle monache della Croce di Lucca
(attualmente a Napoli, nei pressi della centralissima piazzetta
Miraglia, la piccola chiesa della Croce di Lucca è quanto rimane del grande
complesso conventuale destinato oggi alla clinica universitaria del
Policlinico, lungo l’attigua via del Sole. Il convento pare sia stato edificato intorno al 1537, (e poi restaurato nel 1739, con il
suo, da un tal cavaliere Ferdinando Sanfelice) con il denaro delle offerte raccolte a Lucca
dal devoto Sebastiano Puccini(donde il nome: Croce di Lucca)). e di
quelle di S. Maria dello Splendore La
Chiesa
e l’annesso Conservatorio (convento muliebre),
siti in Napoli nel popolare quartiere di Montecalvario,furono voluti nel
1592 da Lucia Caracciolo, facoltosa e munifica
nobildonna partenopea che vi impose la regola francescana; a far tempo
poi dal 1600, chiesa e conservatorio furon diretti dal
venerabile mons. Carlo Carafa (della famosissima famiglia Carafa, che diede
ecclesiastici (anche un papa: Paolo IV
che istituì l’Indice dei libri proibiti )uomini
di lettere e d’armi, che ne curò a proprie spese l’ampliamento ed il restauro;
successivamente nella seconda metà del 1800, il rev. Angelo de Simone,
coltissimo sacerdote, professore di lingue nel famoso Istituto Universitario
Orientale di Napoli, si adoperò per curare l’ultimo restauro ed abbellimento della
Chiesa così come ancora oggi si può
osservare.
Le
monache che conducevano la
Chiesa e l’annesso Conservatorio per Orfane e Povere
bisognose, divennero famose, oltre che per la loro opera caritatevole, anche
per gli squisiti dolci natalizî e/o pasquali
che erano solite preparare ed offrire o vendere ai visitatori, per far
fronte al mantenimento delle loro beneficate.
Veniamo alla ricetta:
STRUFFOLI o STRINGHETTE
Ingredienti
Per 10 persone
Farina 00 600 gr ,
Uova 4 + 1 tuorlo,
zucchero 2 cucchiai ,
burro 80 gr o più acconciamente strutto: 50 gr.
1 bicchierino di STREGA tipico odorosissimo liquore d'erbe prodotto nel beneventano,in alternativa 1 bicchierino d'anice
Scorza di mezzo limone grattugiata
Sale un pizzico
olio per friggere 3 bicchieri
Per condire e decorare:
Miele d’acacia 400 gr ,
50 gr. di confettini colorati (a Napoli si chiamano "diavulille")
100 gr. di confettini cannellini ( durissimi confettini, di color bianco a forma dell’omonimo fagiolo, confettini che all'interno contengono una festucola di cannella, spezia odorosissima e gustosa, da cui prendono il nome di cannellini.)
100 gr di scorzette d’ arancia candita, 100 gr di cedro candito, 50 gr di zucca candita (prodotto tipico napoletano dove si chiama cocozzata)il tutto tagliato a cubettini.
Farina 00 600 gr ,
Uova 4 + 1 tuorlo,
zucchero 2 cucchiai ,
burro 80 gr o più acconciamente strutto: 50 gr.
1 bicchierino di STREGA tipico odorosissimo liquore d'erbe prodotto nel beneventano,in alternativa 1 bicchierino d'anice
Scorza di mezzo limone grattugiata
Sale un pizzico
olio per friggere 3 bicchieri
Per condire e decorare:
Miele d’acacia 400 gr ,
50 gr. di confettini colorati (a Napoli si chiamano "diavulille")
100 gr. di confettini cannellini ( durissimi confettini, di color bianco a forma dell’omonimo fagiolo, confettini che all'interno contengono una festucola di cannella, spezia odorosissima e gustosa, da cui prendono il nome di cannellini.)
100 gr di scorzette d’ arancia candita, 100 gr di cedro candito, 50 gr di zucca candita (prodotto tipico napoletano dove si chiama cocozzata)il tutto tagliato a cubettini.
Preparazione
Disponete la farina a fontana sul piano di lavoro, impastatela con
uova, lo strutto o (ma è
sconsigliabile)il burro, lo zucchero, la buccia grattugiata di mezzo limone,un
bicchierino di STREGA o di anice e un po' di sale. Ottenuto un amalgama
omogeneo e sostenuto, dategli la forma di una palla e fatelo riposare mezz'ora.
Poi lavoratela ancora brevemente con poca farina e dividetela in palle grandi
come arance, da cui ricavare, rullandoli sul piano infarinato, tanti
bastoncelli spessi un dito; tagliateli a tocchettini di circa 1 cm. che
disporrete senza sovrapporli su un telo infarinato.
Al momento di friggerli, porli in un setaccio e scuoterli in modo da eliminare la farina in eccesso.
Friggeteli pochi alla volta in abbondante olio bollente: prelevateli quando siano ben dorati, quasi coloriti. Sgocciolateli e depositateli ad asciugare su carta assorbente da cucina.
Fate liquefare il miele a bagnomaria in una pentola abbastanza capiente, toglietela dal fuoco e unite gli struffoli fritti, rimescolando delicatamente fino a quando non si siano bene impregnati di miele. Versare quindi la metà circa dei confettini e della frutta candita tagliata a pezzettini e rimescolare di nuovo.
Prendete quindi il piatto di portata, mettetevi al centro un barattolo di vetro vuoto opportunamente bagnato sulla parete esterna (serve per facilitare la formazione del buco centrale) e disponete gli struffoli tutt'intorno a questo barattolo in modo da formare una ciambella. Poi, a miele ancora caldo, prendete i confettini e la frutta candita restanti e spargeteli sugli struffoli tentando di ottenere un effetto esteticamente gradevole.
Quando il miele si sarà solidificato ( occorrerà circa 1/2 ora), togliete delicatamente il barattolo dal centro del piatto e servite gli struffoli.
Poiché gli struffoli ànno il difetto di risultare talvolta un po' duri, in alternativa, dalle palle di pasta si possono ricavare con un matterello infarinato delle sfoglie alte 1/2 cm. da cui con una rotella dentellata delle lunghe stringhe larghe 3 cm. tagliandole poi diagonalmente fino ad ottenere tanti piccoli rombi che posti su dei fogli di carta oleata vengono fritti e poi trattati, per la decorazione e presentazione come gli struffoli; rispetto a questi ultimi tali stringhette ànno il vantaggio, quando vengon fritte, di gonfiarsi mantenendosi poi friabili e soffici .
Al momento di friggerli, porli in un setaccio e scuoterli in modo da eliminare la farina in eccesso.
Friggeteli pochi alla volta in abbondante olio bollente: prelevateli quando siano ben dorati, quasi coloriti. Sgocciolateli e depositateli ad asciugare su carta assorbente da cucina.
Fate liquefare il miele a bagnomaria in una pentola abbastanza capiente, toglietela dal fuoco e unite gli struffoli fritti, rimescolando delicatamente fino a quando non si siano bene impregnati di miele. Versare quindi la metà circa dei confettini e della frutta candita tagliata a pezzettini e rimescolare di nuovo.
Prendete quindi il piatto di portata, mettetevi al centro un barattolo di vetro vuoto opportunamente bagnato sulla parete esterna (serve per facilitare la formazione del buco centrale) e disponete gli struffoli tutt'intorno a questo barattolo in modo da formare una ciambella. Poi, a miele ancora caldo, prendete i confettini e la frutta candita restanti e spargeteli sugli struffoli tentando di ottenere un effetto esteticamente gradevole.
Quando il miele si sarà solidificato ( occorrerà circa 1/2 ora), togliete delicatamente il barattolo dal centro del piatto e servite gli struffoli.
Poiché gli struffoli ànno il difetto di risultare talvolta un po' duri, in alternativa, dalle palle di pasta si possono ricavare con un matterello infarinato delle sfoglie alte 1/2 cm. da cui con una rotella dentellata delle lunghe stringhe larghe 3 cm. tagliandole poi diagonalmente fino ad ottenere tanti piccoli rombi che posti su dei fogli di carta oleata vengono fritti e poi trattati, per la decorazione e presentazione come gli struffoli; rispetto a questi ultimi tali stringhette ànno il vantaggio, quando vengon fritte, di gonfiarsi mantenendosi poi friabili e soffici .
Ed affrontiamo finalmente le questioni linguistiche:
struffoli plurale di struffolo parola
originariamente napoletana pervenuta poi anche nella lingua nazionale dove indica
oltre il dolce fatto con palline di farina e uova, fritte e tenute insieme con
miele (specialità dell'Italia
meridionale, ma pure di quella centrale dove à però il nome di cicerchiata),
anche una cosa del tutto diversa, e cioè
una piccola matassa di cenci e paglia usata dagli scultori per levigare e
lustrare il marmo; per vero questa matassa in origine fu detta struffo,
voce poi desueta per far posto a struffolo o strufolo tanto da non esser
più riportata dai dizionarî anche i più accorsati; le voci struffo e
strufolo, nel significato di levigatoio deriva probabilmente dal longob. straufinon donde anche il
verbo strofinare; ben più complesso l’etimo della voce struffolo (dolce
partenopeo e centro-meridionale); la maggioranza degli studiosi meridionali
propendono per una culla greca: stroggolos (ritorto) (dal verbo strongolâo
(attorcere) verbo che – come vedemmo alibi – in unione al verbo prepto
(incavo) generò i napoletanissimi strangulaprievete)
con evidente metaplasmo g>f; pur allettandomi lo stroggolos
(ritorto) d’avvio, penso che non sia peregrina l’idea che lo veda in
connubio con un latino tufer(bernoccolo,pallina) per
cui lo struffolo verrebbe ad essere una pallina ritorta; rammenterò
poi che il termine struffolo in
talune regioni dell’alta Italia, oltre ai due significati riportati à anche
quello di ciccioli (pezzetti
residui del grasso di maiale sciolto ad
alte temperature per ottenerne lo strutto o sugna) ed anche in tal significato
lo struffolo (cicciolo*) andrebbe
a riallacciarsi all’antico struffo inteso come brandello o cencio;
stringhette: diminutivo plurale di stringa
= nastrino ed in effetti il dolce (in forma di piccoli rombi) viene
ricavato – come ò indicato nella preparazione – dal taglio in senso diagonale
di più fettucce o nastri di pasta larghi tre cm. e lunghi circa 30 cm.;
etimologicamente la voce stringa da cui stringhette deriva forse da un
ant. tedesco strangî, stranga , ma non gli sarebbe estraneo il greco straggàlê;
cicerchiata Tipica specialità dell'Italia
centrale: Abruzzo, Umbria, Marche e Lazio. Quella della cicerchiata che ad un
dipresso ripete gli struffoli partenopei è una preparazione tradizionale
antichissima. Il nome deriva dalla voce cicerchia
( una sorta di piccolo cece; pianta erbacea rampicante, con fiori bianchi o
rosei simili a quelli del pisello, coltivata come foraggio o per sovescio
(pratica agraria che consiste nel sotterrare piante erbacee nel terreno in cui
sono cresciute, allo scopo di arricchirlo di sostanze organiche).Spesso però,
in talune regioni centro meridionali le cicerchie vengono usate a mo’ di
ceci, per preparare gustosissime zuppe o minestre con aggiunta di pasta secca (fam.
Leguminose), il nome cicerchia deriva da un basso latino cicercula(m),
dim. di cicer 'cece'; ma con i
ceci in realtà ,questo dolce non à nessuna affinità se non nell'aspetto;
cannella: droga
aromatica usata in cucina e costituita dalla sottile corteccia interna,
arrotolata in bastoncini e di colore giallo-bruno, di un'omonima pianta tipica
delle regioni tropicali asiatiche || Anche come agg. invar.: di colore
giallo bruno tendente al rossiccio. voce pervenuta nell’italiano e nel
napoletano attraverso il francese cannelle o l’olandese kaneel(la
Francia e l’Olanda importarono in Europa, per prime detta droga) quale
diminutivo di canna posto che tale spezie, come detto, non è che una
corteccia arrotolata a mo’ di bastoncino o piccola canna;
diavulille letteralmente: piccoli diavoli; in
realtà minuscolissimi confettini colorati in varî colori, ma prevalentemente in
rosso fuoco, donde popolarmente gliene derivò il nome di diavulillo plur.:
diavulille diminutivo di diavulo o riavulo (con tipica variazione
mediterranea di D>R): nell'ebraismo e nel cristianesimo,
potenza che guida le forze del male e si identifica con Lucifero, il capo degli
angeli che si ribellarono a Dio, poi divenutoSatana, principe delle tenebre;
per estens., ognuno degli altri angeli ribelli e la forza del male che essi
incarnano, nella fantasia popolare è
concepito per lo più come un mostro di forme umane con corna, ali, coda e altri
attributi animaleschi, grande tentatore, amante di ogni disordine ed eccesso;
etimologicamente la voce napoletana diavulo/riavulo è dal lat. tardo diabolu(m),
che è dal gr. diábolos, propr. 'calunniatore',
deriv. di diabállein 'disunire, mettere male, calunniare', che nel gr.
cristiano traduce l'ebr. satan seu Satana ' il contraddittore';
cocozzata = polpa di una zucca bianca opportunamente
candita; la canditura, che consiste nel
far bollire lentamente una sostanza vegetale in uno sciroppo zuccherino, fino a
che la concentrazione di zucchero sia sufficiente a ricoprire interamente la
sostanza vegetale agglutinandosi ad essa tenacemente, è riservata agli interi
frutti o anche alle sole bucce (scorzette: diminutivo di scorza
dal lat. scortea(m) 'veste di pelle', femm. sostantivato dell'agg. scorteus, deriv. di scortum
'pelle') degli agrumi; talvolta, però – come in questo caso – si giunge a
candire altri vegetali come la polpa delle cocurbitacee; infatti la voce cocozza/cucozza
(donde, con l’aggiunta del suffisso ata,
si ottiene cocozzata), è il modo napoletano di rendere
l’italiano zucca;interessante è notare come etimologicamente, mentre la voce cocozza derivi dritto per dritto da un tardo lat.: cucutia(m),la
voce italiana zucca abbia il medesimo etimo, però con metatesi ed aferesi della sillaba
iniziale; in italiano abbiamo infatti talvolta anche cocuzza o cucuzza
termini giocosi usati per indicare il capo, la testa.
*cicciolo = ciò che resta dei tocchi di grasso del
maiale dopo che siano stati fusi per ricavarne lo strutto; l’etimo è ovvio: da ciccia
+ il suff. diminutivo olo;
in napoletano cicciolo si rende con cicolo/ciculo ma l’etimologia è molto più complessa in
quanto cicolo/ciculo derivano da
un latino volgare *insiciculu(m) da un classico insiciu(m)=carne
tritata attraverso un’assimilazione s- c> c-c aplologia (caduta
di una sillaba all'interno di una parola che dovrebbe presentare, in base alla
sua etimologia,
due sillabe consecutive identiche o simili) ed aferesi della sillaba
d’avvio in.
Et de hoc satis! Raffaele
Bracale
13/10/2006
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