giovedì 9 febbraio 2017

VARIE 17/168

1.LL'AVVOCATO À DDA ESSERE 'MBRUGLIONE. Ad litteram: l'avvocato deve essere imbroglione. A Napoli - terra per altro di eccellentissimi principi del foro, si è convinti che un buono avvocato debba esser necessariamente un imbroglione, capace cioè di trovare argomentazioni e cavilli giuridici tali da fare assolvere anche un reo confesso o - in sede civilistica - far vincere una causa anche a chi avesse palesemente torto marcio. 2.LL'AVVOCATO FESSO È CCHILLO CA VA A LEGGERE DINT' Ô CODICE. Ad litteram: l'avvocato sciocco è quello che compulsa il codice; id est: non è affidabile colui che davanti ad una questione invece di adoprarsi a comporla pacificamente consiglia di adire rapidamente le vie legali; ad ulteriore conferma dell'enunciato in epigrafe, altrove - nella filosofia partenopea - si suole affermare che è preferibile un cattivo accordo che una causa vinta, che - certamente - sarà stata piú dispendiosa e lungamente portata avanti rispetto all'accordo. 3.LL'OMMO CU 'A PAROLA E 'O VOJO CU 'E CCORNE. L'uomo va convinto con la parola, il bue pigliandolo per le corna. Cioè: con l’uomo va usato il ragionamento e la parola convinncente, con le bestie[o con i soggetti che si comportano come tali ] va usata la violenza; 4.LL'UOCCHIE SO' FFATTE PE GGUARDÀ, MA 'E MMANE PE TTUCCÀ. Ad litteram: gli occhi sono fatti per guardare, ma le mani (son fatte) per toccare. Con questo proverbio, a Napoli, sogliono difendere (quasi a mo' di giustificazione) il proprio operato, quelli che - giovani o vecchi che siano - sogliono azzardare palpeggiamenti delle rotondità femminili. 5.M' HÊ DATO 'O LLARDO 'INT' Â FIJURA M' hê dato 'o llardo dint'â fijura Letteralmente: Mi ài dato il lardo nel santino. L'espressione si usa nei confronti di chi usi eccessiva parsimonia nel conferire qualcosa a qualcuno o tenti addirittura di tacitare qualcuno conferendogli parva res in luogo dell’atteso congruo dovuto e prende l'avvio dall'uso che avevano i monaci del TAU o monaci di Sant'Antonio Abate a Napoli che gestivano, come ò détto e ripeto, in piazza Carlo III, annesso al loro convento prospiciente l’omonima chiesa dedicata al santo cenobita, gestivano un ospedale per cure dermatologiche ed usavano il lardo dei maiali con il quale producevano unguenti curativi; rammento che il s. Antonio di cui si parla ed il cui nome è dal greco antos= fiore eremita détto poi Sant'Antonio Abate è chiamato anche Sant'Antonio il Grande, Sant'Antonio d'Egitto, Sant'Antonio del Fuoco, Sant'Antonio del Deserto o Sant'Antonio l'Anacoreta ( Coma 250?-† Tebaide356) ed a Napoli sant’ANTUONO [da non confondere con il sant’Antonio da Padova, santo portoghese], fu eremita egiziano, considerato l'iniziatore del Monachesimo cristiano e il primo degli Abati in quanto a lui si deve la costituzione in forma permanente di famiglie di monaci che sotto la guida di un padre spirituale abbà, si consacrano al servizio di Dio. La sua vita ci è stata tramandata dal suo amico e discepolo Sant'Atanasio (a Napoli: sant’Attanasio (Alessandria d’Egitto 295 -† Tebaide373). È ricordato nel Calendario dei santi il 17 gennaio, ma la Chiesa Copta lo festeggia il 31 gennaio che corrisponde nel loro calendario al 22 del mese di Tobi. Questo santo è noto e ricordato a Napoli con il nome di Sant’Antuono e gli è dedicata una chiesa parrochiale nelle immediate diacenze di piazza Carlo III .Si vuole che la chiesa, posta all'origine del borgo omonimo, sia stata fondata per volere della regina Giovanna I d'Angiò (Napoli, ca. 1327 –† Muro Lucano, 12 maggio 1382); tuttavia esiste un diploma del re Roberto d'Angiò (detto il Saggio (1277 – † 16 gennaio 1343), figlio di Carlo II d'Angiò, fu re di Napoli (con il nome di Roberto I di Napoli dal 1309 al 1343), re titolare di Gerusalemme, duca di Calabria (1296 - 1309) e Conte di Provenza e Forcalquier (1309 - 1343).diploma che dimostra che, già nel marzo del 1313, esistevano chiesa ed ospedale e che in questo luogo venivano curati gli infermi del morbo detto “fuoco sacro” o anche Fuoco di Sant'Antonio, con un prodotto ricavato dal grasso di maiale. Molto probabilmente il complesso originario risaliva alla fine del XIII secolo, ma fu ampliato e in alcune parti ricostruito nell’ambito di un vasto programma di edilizia religiosa e assistenziale voluto nel 1370 dalla regina Giovanna I, Programma che ebbe enorme valore ai fini dell’urbanizzazione del borgo e dell’omonima strada la quale, attraverso Porta Capuana, rappresentava la principale via d’accesso alla città. Verso la fine del Trecento, quindi, il complesso era già costituito dalla chiesa, dall’ospedale e dal convento, ed era tenuto dai monaci ospedalieri antoniani(monaci del TAU) i quali preparavano una tintura/pomata che veniva usata per curare l’hherpes zoster. Tra i napoletani si diffuse cosí l’abitudine di allevare liberamente anche per istada, maiali e maialini per donarli poi al monastero. L’ordine antoniano fu bandito agli inizi del Quattrocento dagli Aragonesi, che reputavano i monaci troppo legati ai loro protettori francesi. Malgrado ciò, l’usanza durò fino al 1665 quando, durante la funzione della benedizione degli animali, un maiale sfuggito al controllo, si intrufolò, rischiando di farlo cadere, tra le gambe del vescovo che quell’anno officiava la cerimonia,il vescovo, infuriato, dichiarò illegale l’allevamento cittadino dei maiali, ma pare che il popolino non se ne diede per inteso almeno per un quinquennio! Un primo rimaneggiamento dela chiesa è databile al 1370, il seguente fu quello del XVII secolo che, cancellò parte della struttura originaria. Per volere del cardinale Antonino Sersale, la struttura religiosa subí un rimodernamento nel 1779;con il nome invece di sant’Antonio è noto e ricordato a Napoli il santo predicatore Sant'Antonio di Padova, al secolo Fernando Bulhão (Lisbona, 15 agosto 1195 -† Padova, 13 giugno 1231) che fu un frate francescano, santo e dottore della Chiesa cattolica , che gli tributa da secoli una fortissima devozione. I monaci del TAU allorché poi dimettevano un infermo erano soliti consegnare al medesimo, per il prosieguo della cura, una piccolissima quantità di lardo benedetto, avvolto in un santino raffigurante Sant'Antonio abate. Pur se benedetto la quantità del lardo era veramente irrisoria e pertanto assai poco bastevole alla bisogna. BRAK

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