venerdì 10 febbraio 2017

VARIE 17/174

1.MEGLIO CAP' 'ALICE CA CODA 'E CEFARO. Letteralmente: meglio (esser) testa di alice che coda di cefalo. Id est: meglio comandare, esser primo sia pure in un ristretto consesso, che ultimo in un'imponente accolta. 2.MEGLIO CURNUTO CA MALE SENTUTO !... Ad litteram : meglio (esser) cornuto che malamente inteso ! Icastica espressione nella quale correttamente il termine sentuto non va tradotto pedessiquamente sentito, udito [come fa qualcuno errando], ma va reso nel significato di capito, compreso ; solo cosí si può capire l’autentico spirito della locuzione che si può cogliere sulle risentite labbra di chi non essendo stato esattamente compreso nella/e sua/e enunciazione/i venga accreditato di pensieri diversi dal suo autentico reputare, ritenere, stimare, supporre e se ne adonti protestando. 3.MEGLIO MAGNÀ POCO E SPISSO CA FÀ UNU MUORZO. Ad litteram: meglio mangiar poco e spesso che consumar tutto in un solo boccone. Contrariamente a quel che si possa pensare, il proverbio non è una norma statuita da qualche scuola medica che consigli di alimentarsi parcamente senza dar fondo alle vettovaglie; è invece un consiglio epicureo che spinge a piluccare, (per estendere al massimo - nel tempo -il piacere della tavola), piuttosto che esaurirlo in pochissimo spazio di tempo. 4.MEGLIO 'NA MALA JURNATA, CA 'NA MALA VICINA. Meglio una cattiva giornata che una cattiva vicina. Ed il perché è facile da comprendersi: una giornata cattiva, prima o poi passa e con essa i suoi effetti negativi, ma una cattiva vicina, perdurante la sua stabile vicinanza, di giornate cattive ne può procurare parecchie... 5.MEGLIO 'NU CANTÀRO 'NCAPA CA N'ONZA 'NCULO! Letteralmente: Meglio un quintale in testa che un'oncia nel sedere! Id est: meglio patire un danno fisico, che sopportarne uno morale. In pratica gli effetti del danno fisico, prima o poi svaniscono o si leniscono, quelli di un danno morale perdurano sine die. La voce cantàro (dall’arabo quintar) significa quintale; qualche sprovveduto ritraendo l’accento la legge càntaro (che è dal lat. cantharu(m) a sua volta dal greco kàntharos)e significa pitale) rovinando il significato dell’espressione nella quale in origine si pongono giustamente a paragone due pesi: cantàro (quintale) ed onza (oncia), mentre nella lettura stravolta si porrebbero a paragone due entità incongruenti: un peso(oncia) ed un pitale BRAK

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