1.SFRUCULIÀ 'A MAZZARELLA 'E SAN GIUSEPPE
Ad litteram: sbreccare il bastoncino di san Giuseppe id est:
annoiare, infastidire, tediare qualcuno molestandolo con continuità
asfissiante.
La locuzione si riferisce ad un'espressione che la leggenda
vuole affiorasse, a mo' di avvertimento, sulle labbra di un servitore veneto
posto a guardia di un bastone ligneo ceduto da alcuni lestofanti al credulone
tenore Nicola Grimaldi, come appartenuto al santo padre putativo di Gesú. Il
settecentesco tenore espose nel suo palazzo il bastone e vi pose a guardia un
suo servitore con il compito di rammentare ai visitatori di non sottrarre, a
mo' di sacre reliquie, minuti pezzetti (frecole) della verga, insomma di non
sfregolarla o sfruculià.
Normalmente, a mo' di ammonimento, la locuzione è usata come
imperativo preceduta da un corposo NON.
Torniamo alla locuzione di partenza per la quale si può
ipotizzare che correttamente l’originario Lillo, Lélla e ‘o pere ‘e sant’ Anna
(Lillo, Lélla e il piede di sant’ Anna) sia stato poi trasformato in Lillo,
Lélla ô pere ‘e sant’ Anna. (Lillo, Lélla al piede di sant’ Anna id est: Lillo,
Lélla(prostrati) ai piedi di sant’Anna) quando ci si rese conto che il piede
oggetto di venerazione non era una reliquia del corpo di sant’Anna, ma solo un
pregevole (?) manufatto e con l’espressione si voleva indicare non la
venerazione d’un piede della santa, ma si indicava l’abitudine di prostrarsi ai
piedi della santa per chiedere grazie e/o protezione, per cui non l’articolo ‘o
(il) ma la preposizione articolata ô (= al);ô è infatti la crasi di (a+ ‘o)=
al).
2.PARÉ LL’ÀSENO ‘MMIEZ’ Ê SUONE (in origine PARÉ ‘O CIUCCIO
‘MMIEZ’ Ê SUONE)
Ad litteram: Sembrare un asino tra i suoni, cioè un asino
frastrornato; détto ironicamente, soprattutto di ragazzo o persona anziana che
in una situazione chiassosa (che magari, in caso di ragazzi, sia concorso a
determinare)si senta intontito, istupidito, stranito, disorientato quando non
incerto, indeciso, irresoluto alla medesima stregua d’un asino (bestia notoriamente
e per solito paziente e paciosa) che nel vocío e nel tramestío di un mercato
perde quasi la bussola comportandosi conseguentemente in maniera disorientata,
strana, inconsueta,atipica.
In ordine al problema linguistico rammento che la locuzione
nata, come tutte le altre esaminate, tra il popolo e sulla sua bocca ebbe in
origine una formulazione che – come ò segnalato nell’epigrafe dell’espressione
– prevedeva l’uso del termine napoletano e popolaresco: ciuccio in Luogo della
voce letteraria aseno = asino voce quasi certamente pedestremente adottata da
un qualche sedicente uomo di lettere che pretese ignobilmente e scioccamente di
italianizzare l’ espressione che invece sulla bocca del popolo suonava incisiva
e robusta chiamando in causa il popolano ciuccio e non l’adattato aseno
scimmiottatura di asino. Talora i letterati fanno, poveri loro delle
sesquipedali, imperdonabili sciocchezze!
àseno s.vo m.le sciocco ed inutile adattamento dell’italiano
asino
ciuccio s.vo m.le asino, ciuco, quadrupede domestico da
tiro, da sella e da soma, con testa grande, orecchie lunghe e diritte, mantello
grigio ed un fiocco di peli all'estremità della coda, ritenuto paziente e
cocciuto nonché (ma non se ne intende il perché) ignorante; varie sono le
proposte circa l’origine della parola : chi dal lat. cicur= mansuefatto
domestico; chi dal lat. *cillus da collegare al greco kíllos= asino; chi dallo
spagnolo chico= piccolo atteso che l’asino morfologicamente è piú piccolo del
cavallo; son però tutte ipotesi che non mi convincono molto; e segnatamente non
mi convince quella che si richiama all’iberico chico= piccolo, a malgrado che
sia ipotesi che appaia semanticamente perseguibile. Non mi convincono altresí,
in quanto m’appaiono forzate, l’idee che il napoletano ciuccio sia da collegare
o all’italiano ciuco o all’italiano ciocco. Vediamo: il ciuco della lingua
italiana è sí l’asino ma nessuno spiega la eventuale strada morfologica seguita
per giungere a ciuccio partendo da ciuco; d’altro canto non amo qui come
altrove quelle etimologie spiegate sbrigativamente con il dire: voce
onomatopeica oppure origine espressiva; ed in effetti la voce italiana ciuco
etimologicamente non viene spiegata se non con un inconferente origine
espressiva; allo stato delle cose mi pare piú perseguibile l’idea che sia
l’italiano ciuco a derivare dal napoletano ciuc(ci)o anziché il contrario. Men
che meno poi mi solletica l’idea che ciuccio possa derivare dall’italiano
ciocco= grosso pezzo di legno e figuratamente uomo stupido, insensibile ed
estensivamente ignorante e dunque asino. No, no la strada semantica seguita è
bizantina ed arzigogolata: la escludo!
In conclusione mi pare piú perseguibile l’ipotesi che la
voce ciuccio vada collegata etimologicamente alla radice sciach dell’arabo
sciacharà= ragliare che è il verso proprio dell’asino, secondo il seguente
percorso morfologico: (s)ciach→ciuch→ciuccio; rammento al proposito che in siciliano l’asino è detto sceccu con
evidente derivazione dalla medesima radice sciach dell’arabo sciacharà=
ragliare.
3.PARÉ LL'OMMO 'NCOPP'Â SALERA
Letteralmente: sembrare l'uomo sulla saliera. Id est:
sembrare, meglio essere un uomo piccolo e goffo, un omuncolo simile a quel Tom
Pouce,pagliaccio inglese, venuto a Napoli sul finire del 1860,ad esibirsi in un
circo equestre; fu uomo molto piccolo e ridicolo e per questo fu preso a
modello dagli artigiani napoletani che lo raffigurarono a tutto tondo come
maniglia del coperchio delle stoviglie in terracotta di uso quotidiano. Per
traslato, l'espressione viene riferita con tono di scherno verso tutti quegli
omettini che si danno le arie di esseri prestanti fisicamente e moralmente,
laddove sono invece l'esatto opposto.
4.PARÉ MILL'ANNE
Ad litteram: Sembrare (che debbano trascorrere) mille anni
(prima che si giunga alla conclusione della faccenda o dell’opera intrapresa o
ancóra prima che si verifichino le tanto auspicate evenienze attese ed ancóra
in fieri.). Iperbolica espressione in tutto in linea con il consueto ampolloso,
enfatico, prolisso magniloquente, spagnolesco ricercato, manierato, affettato
eloquio partenopeo che ama l’iperbole e l’enfatizzazione tanto è vero che si è
soliti usare l’espressione in esame anche quando la faccenda o l’opera si sia
intrapresa da pochissimo, o le evenienze attese in realtà lo siano solo da poco
tempo.
5.PARÉ N’ANEMA PEZZENTELLA
Ad litteram: Sembrare un’ anima poverella, un’ anima in
pena; détto, per icastico traslato, di chi smunto, macilento, sciupato, patito,
appaia sofferente e bisognoso di un aiuto materiale o morale; in realtà, come
chiarisco qui di sèguito con il termine di anima pezzentella di per sé non ci
si intenderebbe – se non per traslato - a persona viva e vegeta, ma ci si
riferisce a quelle anime di defunti ipotizzati nel purgatorio. Pezzentella
agg.vo f.le del m.le pezzentiello piccolo/a mendicante; sia pezzentiello che
pezzentella (che non va confuso con analogo, omofono ed omografo s.vo f.le che
indica tutt’altro) sono agg.vi diminutivi (cfr. i suffissi iello ed ella
derivati dal s.vo pezzente : mendicante, straccione; persona che vive in
condizioni di estrema miseria: andare vestito come un pezzente; sembrare un
pezzente | persona meschina, eccessivamente attaccata al denaro: fare il
pezzente. Si tratta di unavoce di orig. merid., pervenura anche nell’italiano,
ed etimologicamente è propriamente il part. pres. del napol. pezzire 'chiedere
l'elemosina', che è dal lat. volg. *petire, per il class. pètere 'chiedere'; in
effetti con la voce a margine in napoletano non si indica propriamente la
piccola mendicante che chieda obolo di monete, ma si indica in unione al s.vo
anema ( che è dal lat. anima(m)): anema pezzentella quell’anima che si trova in
purgatorio che secondo la dottrina cattolica tradizionale è lo stato temporaneo
di espiazione cui sono assogettate le anime di coloro che, pur morendo in stato
di grazia, debbono espiare i peccati veniali e le pene conseguenti ai peccati
mortali, di per sé già perdonati; si indica cioè quell’anima che trovandosi in
uno dei regni dell'oltretomba cristiano, dove si espiano le colpe commesse
sulla terra prima di poter passare in paradiso, e desiderando abbreviare – per
quanto possibile – il loro transitorio, ma doloroso stato, chiedono, pietiscono
dai vivi delle preci suffragatorie; ll’ anema pezzentella: l’anima poverella è
comunque un’anima che soffre, che patisce e chiede refrigerio e ad essa è
apparentato chi smunto, macilento, sciupato, patito,o sofferente per una
qualsiasi ragione, appaia patire ed essere bisognoso di un aiuto materiale o
morale che lenisca le sue pene. Ripeto ad abundantiam, in chiusura di questa
espressione che la voce pezzentella è un denominale di pezzente (povero) ed è
voce merid., propriamente part. pres. del napoletano pezzire/pezzí =chiedere
l'elemosina', che è dal lat. volg. *petire, per il class. peteªre 'chiedere';
in coda a questo pezzire/pezzí rammento altresí che in napoletano se ne usa
anche il participio passato pezzuto/a in unione quasi esclusiva con il
sostantivo messa (‘a messa pezzuta che è quella messa fatta celebrare in
suffragio delle anime dei defunti, elemosinando l’offerta necessaria alla sua
celebrazione.
BRAK
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