1.PORTA CU TTICO E MMAGNA CU MMICO
Ad litteram: Porta (qualcosa) con te e mangia con me
L’espressione cela il perentorio invito a presentarsi, se
invitati, per una qualsiasi ragione, a desinare, a presentarsi non a mani
vuote, ma muniti di un dono da offrire a mo’ di ringraziamento per l’invito
ricevuto. Piú ampiamente la locuzione può essere usata in qualsiasi occasione
per significare che nulla può essere ottenuto gratuitamente e che invece ogni
cosa va meritata a fronte di un corrispettivo.Preciso infine che la locuzione
non à il significato, come impropriamente pensa qualche sprovveduto, e come ad
una frettolosa lettura potrebbe intendersi, non à il significato di un invito a
portar seco delle cibarie da condividere, ma – come ò détto - à il significato
di un invito a portar seco uno o piú doni da offrire all’anfitrione.
Linguisticamente faccio notare che nell’espressione in esame
è presente un doppio uso pleonastico, ma rafforzativo del cu (= con che è dal
lat. cu(m)) già presente in posizione enclitica nei successivi ttico (= con te
che ripete dritto per dritto il lat. tícu(m), comp. di tí (abl. di tu) e cum
'con') e mmico (= con me che ripete dritto per dritto il lat. mícu(m), comp. di
me e cum 'con').
Rammento in chiusura che il cu = con va correttamente
scritto senza alcun segno diacritico e ciò rispondendo alla regoletta del
napoletano per la quale i termini apocopati di consonante/i e non di sillaba
vocalica, non necessitano di segni diacritici (ad es.: cu= con da cum – pe=per
da per – mo=ora da mox – po= poi da post ).
2.PUTESSE MURÍ 'E TRUONO A CCHI NUN LE PIACE 'O BBUONO.
Letteralmente: possa morire di violenta bastonatura chi non
ama il buono. In una città come Napoli dove vi è un'ottima e succulenta cucina
chi non è buongustaio merita di morire bastonato violentemente, sino a morirne;
. in napoletano TRUONO [da un lat. reg. tronus
3.PRIMMA T'AGGI''A 'MPARÀ E PPO T'AGGI''A PERDERE....
Ad litteram: prima devo insegnarti(il mestiere) e poi devo
perderti. Cosí son soliti lamentarsi, dolendosene, gli artigiani partenopei
davanti ad un fatto incontrovertibile: prima devono impegnarsi per insegnare il
mestiere agli apprendisti, e poi devono sopportare il fatto che costoro,
diventati provetti, lasciano la bottega dove ànno imparato il mestiere e si
mettono in proprio, magari facendo concorrenza al vecchio maestro.
4.PULICENELLA SPAVENTATO DÊ MMARUZZE.
id est: Pulcinella spaventato dalla visione di un secchio
colmo di innocue lumache, cosí come in una divertente farsa di Antonio Petito.
5.PUOZZ'AVÉ MEZ'ORA 'E PETRIATA DINTO A 'NU VICOLO ASTRITTO
E CA NUN SPONTA, FARMACIE 'NCHIUSE E MMIEDECE GUALLARUSE!
Imprecazione malevola rivolta contro un inveterato nemico
cui si augura di sottostare ad una mezz'ora di lapidazione subíta in un vicolo
stretto e cieco, che non offra cioè possibilità di fuga ed a maggior cordoglio
gli si augura di non trovare farmacie aperte ed imbattersi in medici erniosi e
pertanto lenti al soccorso. PUOZZ’ AVÉ = possa avere id est: possa subire; puozze= possa voce
verbale (2° pers. sing. cong. pres.) dell’infinito puté =potere, avere la
forza, la facoltà, la capacità, la possibilità, la libertà di fare qualcosa,
mancando ostacoli di ordine materiale o non materiale che lo impediscano;
nell’espressione a margine puozze vale ti auguro; l’etimo di puté/potere è dal lat. volg. *potìre (accanto al lat.
class. posse), formato su potens -entis; avé= avere e molti altri significati positivi come: conseguire, ottenere; ricevere; entrare
in possesso o negativi come: subire; per l’etimo vedi sopra;
PETRÏATA/PETRATA sost.vi femm diversi l’uno dall’altro:
letteralmente la voce petrata è la
sassata,il tiro e il colpo di una
singola pietra, mentre con la voce petrïata si intende una prolungata gragnuola di colpi di pietra, quasi una
lapidazione; anticamente a far tempo dalla fine del ‘500, a Napoli soprattutto
in talune zone della città quali Arenaccia, Arena alla Sanità, San Carlo
Arena,san Giovanni a Carbonara ricche di detriti sassosi, residuali di piogge
che trasportavano a valle terriccio e sassi provenienti dalle alture di Capodimonte, Fontanelle etc. o, nelle
stagioni secche, residui di fiumiciattoli (es. Sebéto) in secca si svolgevano, tra opposte bande di scugnizzi
e/o bassa plebaglia, delle autentiche battaglie(petrïate o guainelle) un tempo a colpi di bastoni, poi a colpi
di pietre e sassi con feriti spesso
gravi; ai primi del ‘600 tali battaglie divennero cosí cruente che i viceré
dell’epoca furono costretti ad emanar prammatiche, nel (peraltro) vano
tentativo di limitare il fenomeno… Si ricorda una divertente espressione in uso
tra i contendenti di tali petrïate: Menàte ‘e grosse, pecché ‘e piccerelle
vanno dint’ a ll’uocchie! (Tirate le (pietre) grandi, giacché quelle piccole
vanno negli occhi!).
Etimologicamente sia petrata
che petrïata sono un derivato
metatetico di preta metatesi del lat. . petra(m), che è dal gr.
pétra; nella voce petrïata generata dopo
petrata si è avuta l’anaptissi
(inserzione di una vocale in un gruppo consonantico o tra una consonante ed una
vocale; epentesi vocalica) di una i durativa allo scopo di espander nel tempo
il senso della parola d’origine;l’anaptissi di questa i atona non à influito
sull’accento tonico della parola e si è
avuto petrïata→petriàta in luogo di petríata;
DINTO (A) = dentro (ad)
avverbio e prep. impropria dal
basso lat. de intus; da notare che in
napoletano, come prep. impropria, dinto
debba sempre essere accompagnata dalla prep. semplice a o
dalle sue articolate â = a + ‘a (alla ) ô=
a + lo ( al/allo) ê= a + i/a + le (ai/alle) per modo che si abbia ad es.
dint’ ô treno (dentro al treno ) di contro il corrispondente italiano dentro il
treno. La medesima cosa càpita come alibi dissi per ‘ncoppa (sopra) ,sotto
(sotto), ‘mmiezo (in mezzo) fora (fuori) ed ogni altro avverbio e/o
preposizione impropria;
VICULO = vicolo, vico via molto stretta e di secondaria
importanza, in un centro urbano ; l’etimo è dal
lat. viculu(m), dim. di vicus;
ASTRITTO o ASTRINTO agg. qual. masch. stretto, poco sviluppato nel senso della larghezza;
non largo, non ampio; angusto; l’etimo è dal lat. *a(d)strictus part. pass. di un *a(d)stringere,
rafforzativo di stringere;
CA NUN SPONTA letteralmente: che non sfocia in altra strada
cioè: vicolo (stretto e) cieco; SPONTA =sfocia voce verbale (3° pers. sing.
ind. pres.) dell’infinito spuntà= sbottonare, spuntare,
comparire all’improvviso,sfociare; in primis spuntare con etimo dal latino *ex-punctare vale
toglier la punta, metter fuori la punta ed il senso di spuntare, comparire
all’improvviso,sfociare deriva dal fatto che chi spunta (appare), compare
all’improvviso o sfocia in qualche luogo proveniente da un altro, non lo fa di colpo, ma paulatim et gradatim quasi
mettendo fuori innanzi tutto la propria punta e poi il resto del corpo;
ugualmente il senso di sbottonare è dato dal fatto che il bottone vien fuori
dall’asola prima per la parte limitrofa(punta.) poi tutt’intero;
FARMACÍE sost. femm. plurale di farmacía che in napoletano, piú restrettivamente del corrispondente
italiano,( dove con derivazione dal greco pharmakéia 'medicina, rimedio', da
phármakon 'farmaco'si intende l'insieme degli studi e delle pratiche che ànno
per oggetto le proprietà, l'uso terapeutico e la preparazione dei medicinali)
si intende, derivato dal francese pharmacie
esclusivamente il locale
destinato alla vendita e, soprattutto nel passato, anche alla preparazione dei
medicinali;
NCHIUSE agg. plur.
femm. = chiuse, serrate, strette
etimologicamente trattasi del part. pass. aggettivato femm. del verbo
nchiurere= chiudere, ostruire, sbarrare,
impedire un accesso; bloccare un passaggio con etimo dal basso latino cludere,
per il class. claudere; faccio notare come nel verbo napoletano nchiurere si è avuta la consueta trasformazione di
cl→chi come altrove ad es.:
chiesia←(ec)clesia, chiuovo←clavus etc, la tipica rotacizzazione mediterranea
d→r e la protesi di una n eufonica che
non va marcata con alcun segno diacritico (‘n) in quanto essa n non è l’aferesi
di in, ma solo una consonante eufonica come nel caso di nc’è= c’è, ragion per cui erra chi dovesse scrivere la voce a margine
‘nchiuse da un inesatto ‘nchiurere
atteso che , come ò detto,
nchiurere deriva da n(eufonica)+ cludere non da in(illativo)→’n+cludere;
MIERECE sost. masch. plurale di miedeco/miereco= medico, chi
professa la medicina avendo conseguito il titolo accademico e l'abilitazione
all'esercizio della professione; l’etimo è dal lat.medicu(m), deriv. di medìri
'curare, soccorrere'con dittongazione
nella sillaba d’avvio intesa breve ie←e, e rotacizzazione mediterranea
d/r;
GUALLARUSE agg. masch. plur. di guallaruso= affetto da ernia
probabilmente inguinale tale da limitare il movimento deambulatorio; la voce a
margine (che è maschile, come dal suff. use plurale di uso, il femminile
avrebbe avuto il metafonetico suff. ose
pl. di osa) è un derivato del sostantivo
guallera(= ernia) che è dall’arabo
wadara.
BRAK
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