1.SCARTE FRÚSCIO E PPIGLIE PRIMMERA! Icastica, sarcastica,
sardonica, beffarda, canzonatoria, pungente,,caustica locuzione esclamativa
partenopea che per apparir piú chiara dovrebbe addizionarsi d’un NUN(non)
diventando scarte frúscio e nun piglie
primmera! (ma in tal guisa perderebbe tutto il suo gustoso sapore di ironia e
sarcasmo e quindi meglio lasciar le cose come sono ed esclamare SCARTE FRÚSCIO
E PPIGLIE PRIMMERA!
Che è un’
esclamazione intraducibile ad litteram che però
si può rendere comunque, lato sensu, con Di male in peggio! oppure Cader
dalla padella nella brace! quantunque
l’espressione napoletana abbia una sfumatura di malevola soddisfazione (nuance
assente nell’espressione italiana) nel constatare la sgradevole situazione di
chi – per sua insipienza - abbia
scartato un frúscio sperando di avere una primiera e sia rimasto chiaramente a
mani vuote, peggiorando cioè la propria situazione,id est cadendo dalla padella nella brace.
Ò parlato di espressione intraducibile ad litteram in quanto
è assolutamente fuori luogo (come chiarisco qui di sèguito) tentar di renderla
con un inconferente: Scarti flusso (fruscio) e raccogli primiera!
Infatti la parola napoletana frúscio non può esser tradotta,
, (come pure inopinatamente fece
Raffaele D’Ambra nel suo dizionario napolitano, e come fanno tutti coloro
(Altamura, D’Ascoli etc.) che spudoratamente vi attingono…), non può tradursi
flusso, frúscio/fruscío, rumore leggero,
continuo, sibilante prodotto da qualcosa che striscia, sfrega e simili che
indicano cosa del tutto diversa; il napoletano frúscio agg.vo e s.vo neutro
(deverbale del lat. *frustiare = frusciare che in primis sta per fare in pezzi,
sciupare, consumare ed à poi, nella forma riflessiva frusciarse, il significato
di reputare impropriamente e quelli
estensivi di vantarsi a torto, gloriarsi, pavoneggiarsi senza motivo)
vale cosa floscia,insignificante,di scarso valore, inconsistente, moscia, tutte
cose che - come è intuitivo - nulla ànno a che spartire con flusso, frúscio (attestato talora soprattuto
di vestiti,o di foglie come fruscío), rumore leggero, continuo, sibilante prodotto
da qualcosa che striscia, sfrega etc.; il s.vo e solo s.vo italiano
frúscio/fruscío à un’etimologia onomatopeica e connota cosa affatto
diversa dal frúscio napoletano che è – come ò détto – è un agg.vo e s.vo neutro
(deverbale del lat. *frustiare).
A questo punto, per
parlar fuor de ’l velame de li versi
strani,
converrà fare un passetto indietro e chiarire cosa siano il
frúscio e la primmera dell’epigrafe; chiariti i due concetti, forse si chiarirà
tutta la portata dell’espressione in esame.
L’espressione attestata già anticamente, è mutuata da un gioco d’azzardo di carte,
chiamato appunto primiera (voce derivata
da primiero, in quanto la primiera si ottiene possedendo le carte di
ogni seme che ànno il punteggio piú alto ( punteggio non facciale, ma
prestabilito: i medesimi in uso nel conteggio della primiera nel gioco della
scopa e cioè: 7 – 21 punti, 6 – 18 punti ,asso – 16 punti, 5 - 15 punti etc.a decrescere
sino alle figure che valgono 10 punti cadauna )); la primiera è dunque un gioco d'azzardo nel quale vince il giocatore
che somma il maggior numero di punti con quattro carte di quattro semi diversi;
nel medesimo giuoco il fruscio è la somma del maggior numero di punti con quattro
carte del medesimo seme; il fruscio è una combinazione secondiara che permette
la vincita solo di una posta inferiore a quella destinata alla primiera;
ora a chi possieda un fruscio dopo la prima distribuzione di carte, è dato la facoltà di scartarne alcune ( due o
tre) e farsele sostituire dal cartaro
sperando di riceverne di piú atte a mettere insieme una primiera che dà
diritto alla vincita della posta piú alta; va da sé che era ed è rischioso e spesso improvvido scartare un
fruscio che comunque dà diritto ad una
vincita secondiara, per rincorrere la conquista di una primiera
difficilissima da conseguire; era ed è
rischioso e spesso improvvido scartare un fruscio perché il piú delle
volte non si consegue la primiera e si perde anche il fruscio scartato! Giunti
a questo punto si comprende dunque la portata ironica se non sarcastica
della locuzione partenopea in epigrafe
che viene spesso usata con malevola,
ostile, rancorosa soddisfazione per le disgrazie altrui, nei confronti di chi abbia lasciato il certo
per l’incerto e prendendosi gioco di costui gli si rinfacci ironicamente
(giacché in realtà non è avvenuta l’evenienza migliore…attesa, ma non
conseguita) di aver scartato un fruscio
e preso una primiera (piú chiaramente: di aver scartato un fruscio e(non)
aver preso una primiera) d’aver cioè
peggiorata la situazione, cadendo dalla padella nella brace.
In coda rammento gli etimi delle voci incontrate e non
ancóra esaminate:
SCARTE = scarti voce verbale (2ª prs.sg.) ind. pres.
dell’infinito scartà = scartare
(denominale di carta con protesi d’una esse distrattiva):
1 togliere un oggetto dalla carta che lo avvolge: scartà ‘nu
pacco(scartare un pacco)
2 ( ed è il caso che
ci occupa) nei giochi di carte, eliminare o sostituire una carta con
particolari intendimenti a seconda del gioco; 3 mettere da parte, respingere
come dannoso o inutile: scartare una proposta; scartare i libri superflui;
scartare qualcuno alla visita di leva, dichiararlo non idoneo al servizio
militare;
PIGLIE = pigli voce verbale (2ª prs.sg.) ind. pres. dell’infinito piglià =
prendere, pigliare ( dal lat. volg. *piliare,
dal class. pilare 'rubare, saccheggiare').
2.SCIORTA E CCAUCE 'NCULO, VIATO A CCHI 'E TTÈNE!
Beato chi à fortuna e spintarelle ovvero raccomandazioni
3.SCIORTA E MOLE SPONTANO 'NA VOTA SOLA.
Letteralmente: la fortuna ed i molari compaiono una sola
volta. Id est: bisogna saper cogliere l'attimo fuggente e non lasciarsi
sfuggire l'occasione propizia che - come i molari - spunta una sola volta e non
si ripropone
4.SCIÚ, Â FACCIA TOJA!
Espressione volgare di schifo e disprezzo, intraducibile ad
litteram, che viene pronunciata, accompagnata spesso dal gesto di un finto
sputo, all'indirizzo di chi è tanto spregevole da meritarsi di esser raggiunto
da uno sputo al volto: infatti la parola sci ú altro non è se non
l'onomatopeica riproduzione di uno sputo, che - come precisato nel prosieguo
della locuzione – à come destinazione proprio la faccia di colui che si intende
disprezzare! Talvolta l’espressione è limitata al solo sciú mantenendo però
inalterato il senso di schifo e disprezzo contenuto nell’intera espressione.
5.SCUMMIGLIÀ 'A RAMMA
Ad litteram: scoprire il rame Id est : togliere i coperchi
alle pentole di rame (per controllarvi il cibo in cottura). Invito che si
rivolgeva temporibus illis alle donne di casa addette alla cucina perchè
controllassero attentamente la cottura delle pietanze, evitando di distrarsi
con chiacchiere inutili.
In senso traslato: mettere a nudo i difetti di qualcuno,
come nell’espressione:SCUMMIGLIà ‘E ZZELLE.
BRAK
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