1.UH, SSEVERE 'E PAZZE !
Esclamazione impossibile da tradurre ad litteram che viene
pronunciata nell'osservare situazioni o accadimenti ritenuti cosí strani ed
improbabili da destare gran meraviglia, stupore e/o rabbia, nell'intento di
sottolineare che quelle situazioni o accadimenti son cose da matti, quasi
incredibili.
Strana locuzione quella in esame dove con ogni probabilità
il termine ssevere è l’adattamento corruzttivo dell'espressione francese: c'est
vrai[lèggi: sè-vrè] ( de foux) (è veramente da folli); la stranezza della
espressione napoletana consiste nel fatto che ci si è limitati nella sua
formulazione, alla sola corruzione della prima parte di quella francese: c'est
vrai,[sè-vrè→severe] completandola con il termine pazze = pazzi esatta traduzione
del francese foux.
2.UNA NE FA E CCIENTO NE PENZA
Ad litteram: una ne fa e cento ne progetta Locuzione che
fotografa il comportamento iperattivo di chi si dedichi , ma non si sa con
quanto successo, a troppe iniziative di varia portata; la locuzione è usata
altresí per stigmatizzare,anche se bonariamente, la ipercinecità di un ragazzo
attivamente impegnato a fare innumerevoli marachelle.
3.UNO TAGLIA N’ATO ‘NCHIMA E N’ATO CÓSE
Ad litteram: uno taglia, un altro imbastisce ed un altro
cuce
Icastica popolare, sarcastica locuzione,ispirata dal
mestiere del sarto, usata a derisione di coloro [in primis impiegati
governativi e/o comunali ] che, per ignavia, trincerandosi dietro al fatto che
le proprie mansioni esulano da compiti estesi, si rifiutano di dare compimento
all’intrapreso limitando la propria azione ad una sola parte di esso e
demandandone ad altri il perfezionamento, quasi alla stregua di un sarto che,
tagliata la stoffa di un abito, non sia in grado o si rifiuti di imbastirlo e
di cucirlo ed affidi ad altri le relative operazioni.
Come ò anticipato la locuzione è usata spesso in
riferirmento a gli sportellisti degli uffici comunali e/o altri enti pubblici
che usano costringere i cittadini che chiedono una documentazione a sottostare
a sfibranti andirivieni tra alcuni sportelli prima di poterla ottenere, laddove
un po’ di buona volontà d’un singolo addetto potrebbe risolvere la faccenda
rapidamente e soddisfacentemente!
Taglia voce verbale 3ª pers. sg.ind. pr. dell’infinito
taglià [dal fr. (ant.) tailler, che è il lat. tardo taliare, der. di talea]=
tagliare, frazionare, mozzare, radere, ritagliare, segare, smozzare,
tagliuzzare, tosare, tranciare.
‘Nchima voce verbale 3ª pers. sg.ind. pr. dell’infinito
‘nchimà [da un lat. reg. inflimare→’nflimare→’nchimare] = imbastire, unire
provvisoriamente i margini di due pezzi di stoffa, di pelle, ecc., con punti
lunghi di filo di cotone, arrabattare, arrangiare, improvvisare, raffazzonare.
Cóse voce verbale 3ª pers. sg.ind. pr. dell’infinito cósere
[dal lat. *cosĕre, per il class. consuĕre,] = cucire.
4.UOCCHIE CHINE E MMANE VACANTE
Ad litteram: occhi pieni e mani vuote; cosí si suole dire di
chi, o per suo demerito o per sopravvenute contrarietà insormontabili, non
riesce a raggiungere il risultato sperato e resti a bocca asciutta o mani vuote
e si debba contentare di veder prossimo il risultato sperato, senza però avere
la capacità o possibilità di toccarlo con le mani ossia realizzarlo; in chiave
piú becera, ma simpatica la locuzione fu usata per stigmatizzare la situazione
di chi, attratto da procaci, provocatorie rotondità femminili si doveva
contentare di guardare, senza poter toccar con mano e quindi senza potersi
regolare nel modo ricordato alibi.
5.UOCCHIE 'NFRONTE NUN NE TIENE?
Ad litteram: occhi sulla fonte non ne ài? Icastica ed
ironica domanda retorica che si suole rivolgere, per redarguirlo, a chi
colpevolmente distratto o disattento sia incorso in errori che si ritenga siano
stati provocati dal fatto che egli non abbia esattamente guardato o badato a
ciò che faceva, quasi non fosse munito di occhi.
BRAK
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