1.TIRAMMO ‘STU CAPO ‘NTERRA!
Espressione usata a mo’ di incentivo a portare
sollecitamente a termine un’opera intrapresa. Vedi alibi sub TIRÀ ‘O SPAVO
2.TIRARSE ‘A CAUZETTA
Ad litteram: tirar su la calza Id est: estraniarsi da una
vicenda, star sulle proprie, disinteressandosi di ciò che avviene attorno; ma
anche: lasciarsi molto pregare o attendere prima di concedere alcunché; la
locuzione richiama l'abitudine che avevano le iberiche persone di medio-alto
rango che negli anni del 17ª secolo, erano usi indossare lunghe calze di seta,
e per distinguersi da quelli di piú basso ceto, che indossavano calze corte o
cadenti, usavano tirarle continuamente verso il ginocchio. Tali altolocati
personaggi erano quelli che, per abitudine evitavano di interessarsi a ciò che
accedeva intorno a loro sia per non lasciarsi coinvolgere sia per non esser
fatti destinatari di richieste o aiuti ai quali - comunque - avrebbero
provveduto solo dopo molte preghiere.
tirarse forma riflessiva del verbo tirà = tirare, imprimere
a qualcosa o a qualcuno un movimento per tenderlo, avvicinarlo a sé,
trascinarlo nella propria direzione (voce dal lat. volg. *tirare, alterazione
del class. trahere 'trarre';
cauzetta s.vo f.le dim. di calza 1calza lunga da uomo | fà
‘a cauzetta (fare la calzetta), lavorare a maglia; (figuratamente) si dice di
donne che si dedicano esclusivamente alle faccende domestiche;
2 calza di seta da donna;
3 meza cauzetta (mezza calzetta), (fig. spreg.) persona di
scarse capacità, di modesta levatura.
etimologicamente diminutivo (cfr. il suff. etta) del lat.
mediev. calcea(m), dal class. calceus 'scarpa, stivaletto';normale nel
napoletano l’evoluzione del nesso al + consonante in au (cfr. caldaia→caurara,
gelsa→ceuza, altus→auto.
3.TOMO TOMO
Locuzione avverbiale che pur partendo da un aggettivo di
grado positivo, nell'evidente iterazione non intende configurare, come invece
nel caso di tinco tinco, un superlativo, ma solo ribadire fortemente un
concetto e coè la subdola flemma di chi con apparente noncuranza e studiata
seriosità mira ad un preciso scopo, senza volerlo far capire. Spesso la
locuzione in epigrafe si accompagna (allo scopo di aumentarne la portata) a
quella di cacchio, cacchio.
4.TRASÍ DINT' Â SCAZZETTA D''O PARRUCCHIANO
Ad litteram: entrare nello zucchetto del prevosto; id est:
ficcare il naso in faccende altrui che non dovrebbero riguardare, tentare di
por bocca nelle questioni riservate degli affari non di nostra competenza, come
non ci dovrebbe riguardare cosa nasconda lo zucchetto del sacerdote.
SCAZZETTA è un s.vo
f.le che indica genericamente un copricapo maschile e piú precisamente
indica
1) uno zucchetto usato dal clero,un copricapo di forma
semisferica molto aderente alla nuca costituito da quattro spicchi (in forma
di triangoli isosceli) di tessuto foderato, spicchi cuciti in modo da far convergere i
vertici dei triangoli al centro del copricapo
cosí da creare una forma sapientemente semisferica che aderisca
benissimo al capo e segnatamente alla nuca.Tale zucchetto è di vario colore a seconda
di chi lo indossi: nero per il clero basso , nero profilato di rosso cremisi
per monsignori e canonici, violaceo per
i vescovi, rosso per i cardinali e bianco per il papa, ma una sola è la
funzione comune per tutti, quella di
proteggere la zona della tonsura e temo che tale copricapo sia stato usato
nella chiesa cattolica ad imitazione del kippah quel copricapo cioè usato
correntemente dagli Ebrei osservanti maschi principalmente all'interno dei
luoghi di culto, anche se i piú religiosi lo indossano anche durante la vita
quotidiana;
2) papalina, piccolo copricapo tondo e rigido, copricapo d’uso domestico, berretto di lana tondo e senza tesa,foderato,
per lo piú con una nappa laterale o alla sommità, che un tempo portavano in
casa gli uomini anziani.
3) berretto da notte, copricapo di lana foderato in foggia di cono con una
nappa sulla punta del vertice, usato dagli uomini anziani durante la notte per
protezione del capo; tale copricapo è
détto esattamente scazzetta p’ ‘a notte.
Circa l’etimologia della voce alcuni si trincerano su di un etimo sconosciuto, cosa che mi dà
l’orticaria, molti azzardano varie ipotesi; insomma non ci sono identità di
vedute sull’ etimologia della voce in esame; non tengo in alcun conto chi
sbrigativamente parla di onomatopèia, ma non precisa poi donde provenga e quale possa essere la fonte di questa
onomatopèia; non mi convince neppure chi fantasiosamente parla, per la forma
del berretto di un denominale di cazza
(lat. tardo cattia(m), dal gr. ky/athos 'coppa, tazza'); non mi convince
neppure chi fantasiosamente parla di un deverbale di un non attestato *scazzare usato in taluni
lessici meridionali come correlativo di
schiacciare; non mi convince infine
neppure chi farraginosamente parla di un deverbale di scamazzare→sca(ma)zzare
= schiacciare;per il vero queste ultime
due ipotesi semanticamente sembrerebbero
corrette atteso che in effetti la scazzetta insiste sul capo pigiandolo,
ma – morfologicamente - m’appaiono
ipotesi lontano dal vero. Non mi resta che far mia l’idea del prof. Giarrizzo
che legge in scazzetta un denominale del greco s + kottis – kottidos = testa,
capo.
5.TRASÍ 'E SPICHETTO
Ad litteram: entrare di straforo; id est: entrare alla
chetichella, per il rotto della cuffia, obliquamente; per estensione: godere
immeritatamente di un qualche beneficio; lo spichetto in realtà è un ritaglio
di stoffa tagliato obliquamente in forma triangolare ed inserito nei margini di
un taglio per consentire uno slargamento dell'indumento cui venga applicato;per
traslato sta ad indicare lo straforo della traduzione.
BRAK
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