1.TENÉ 'A SCIORTA 'E MARIA VRENNA
Avere la sorte di Maria di Brienne - Cioè: perder tutti
propri beni ed autorità come accadde a Maria di Brienne sfortunata consorte di
Ladislao di Durazzo, ridotta alla miseria alla morte del coniuge (1414) dalla
di Lui sorella Giovanna II che,succedutagli sul trono, si impossessò di tutti i
beni, anche di quelli personali della vedova di Ladislao la quale fu esautorata
in tutto, privandola del prestigio, della stima, del credito,della
considerazione prestigio,nonché delle competenze precedentemente esercitate.
2.TENÉ A STECCHETTO
= mantenere in economia forzata di cibo, di beni e
quant’altro – lesinare; l’espressione prende il via dal modo parsimonioso con
cui venivano cibati gli uccellini, imbeccati di piccolissime quantità di cibo
mantenuti sull’estremità d’uno stecchetto di legno;
stecchetto s. m. = piccola assicella di legno;
etimologicamente si tratta del diminutivo maschile (vedi il suff. etto) di
stecco = ramoscello sfrondato e secco; bastoncino sottile e appuntito; (fig.)
si dice pure di persona molto magra; la voce stecco è dal longobardo stek=
bastone; rammento che in napoletano si registra pure la voce stecchetta di
uguale significato ed etimo, ma diminutivo femminile (vedi il suff. etta) di
stecco riferito ad un ramoscello sfrondato e secco, ad bastoncino sottile e
appuntito leggermente piú grosso di un eventuale stecchetto, secondo il noto
criterio che in napoletano si considera femminile un oggetto piú grande del
corrispondente maschile (es.: tammurro piú piccolo - tammorra piú grande, tino
piú piccolo - tina piú grande, carretto piú piccolo – carretta piú grande,
cucchiaro piú piccolo - cucchiara piú grande etc.; fanno eccezione tiano piú
grande - tiana piú piccola, caccavo piú grande - caccavella piú piccola. ).
3.TENÉ A UNO APPISO 'NCANNA o altrove PURTÀ A UNO APPISO
'NCANNA
Ad litteram: tenere uno appeso alla gola o altrove portare
uno appeso alla gola Locuzioni simili, ma di significato opposto: positivo il
primo e negativo il secondo; l’espressione di valenza positiva si usa per
significare di avere una spiccata preferenza per una persona, quasi portandola
al collo a mo' di preziosa medaglia benedetta; in quella di valenza negativa la
locuzione è usata per indicare una situazione completamente opposta a quella
testé segnalata, quella cioé in cui una persona generi moti di repulsione e di
fastidio a mo' di taluni pesanti, tronfi monili che messi al collo, finiscono
per infastidire chi li porti.Chiarisco qui che per meglio determinare la
valenza della locuzione, quella positiva è segnalata dall'uso del verbo purtà
(portare), quella negativa dall'uso del verbo tené (tenere).
4.TENÉ 'A VOCCA SPORCA
Ad litteram: tenere la bocca sporca Detto di chi, per
abitudine parli facendo uso continuato ed immotivato di volgarità e/o parole
sconce ed oscene al segno da restarne figuratamente con la bocca sporcata.
5.TENÉ DDOJE FACCE, COMME A SSAN MATTEO
Con questa espressione s’usa riferirsi ad una persona
ipocrita o dalla doppia vita.Per il vero nessun testo biblico attesta che il
santo evangelista fósse un ipocrita o dalla doppia vita, se si esclude il fatto
che Levi [questo era il nome di Matteo allorché svolgeva la professione di
pubblicano] chiamato dal Signore abbandonò la propria attività per seguire il
Cristo cambiando vita e nome; questa evenienza altamente positiva non può aver
ispirato l’espressione chiaramente negativa. Il bandolo della matassa sta nel
fatto che il san Matteo, a cui si fa riferimento nell’espressione, è quello
realizzato da Michelangelo Naccherino(Firenze 1550 - †Napoli 1622).[ Allievo a
Firenze del Giambologna, ne trascrisse i moduli in un'ampia produzione per la
quale si avvalse anche di una operosa bottega. Nel 1573, dopo una permanenza in
Sicilia, si stabilì a Napoli, dove, nominato scultore di corte, scolpí con
grazia decorativa monumenti funebri (tomba Pignatelli in S. Maria dei
Pellegrini; tomba Caniglia in S. Giacomo degli Spagnoli) e statue (Madonna
delle Grazie in S. Giovanni a Carbonara etc.]. La statua del san Matteo,
tuttora conservato sull’altare della cripta del Duomo di Salerno, è stranamente
bifronte e la si può vedere da entrambi i lati dell’altare e non è peregrina
l’idea che lo scultore nel realizzarla abbia utilizzato una precedente opera di
bottega raffigurante un Giano bifronte.
BRAK
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