1.MEGLIO CAP' 'ALICE CA CODA 'E CEFARO.
Letteralmente: meglio (esser) testa di alice che coda di
cefalo. Id est: meglio comandare, esser primo sia pure in un ristretto
consesso, che ultimo in un'imponente accolta.
2.MEGLIO CURNUTO CA MALE SENTUTO !...
Ad litteram : meglio (esser) cornuto che malamente inteso !
Icastica espressione nella quale correttamente il termine sentuto non va
tradotto pedessiquamente sentito, udito [come fa qualcuno errando], ma va reso
nel significato di capito, compreso ; solo cosí si può capire l’autentico
spirito della locuzione che si può cogliere sulle risentite labbra di chi non
essendo stato esattamente compreso nella/e sua/e enunciazione/i venga
accreditato di pensieri diversi dal suo autentico reputare, ritenere, stimare,
supporre e se ne adonti protestando.
3.MEGLIO MAGNÀ POCO E SPISSO CA FÀ UNU MUORZO.
Ad litteram: meglio mangiar poco e spesso che consumar tutto
in un solo boccone. Contrariamente a quel che si possa pensare, il proverbio
non è una norma statuita da qualche scuola medica che consigli di alimentarsi
parcamente senza dar fondo alle vettovaglie; è invece un consiglio epicureo che
spinge a piluccare, (per estendere al massimo - nel tempo -il piacere della
tavola), piuttosto che esaurirlo in pochissimo spazio di tempo.
4.MEGLIO 'NA MALA JURNATA, CA 'NA MALA VICINA.
Meglio una cattiva giornata che una cattiva vicina. Ed il
perché è facile da comprendersi: una giornata cattiva, prima o poi passa e con
essa i suoi effetti negativi, ma una cattiva vicina, perdurante la sua stabile
vicinanza, di giornate cattive ne può procurare parecchie...
5.MEGLIO 'NU CANTÀRO 'NCAPA CA N'ONZA 'NCULO!
Letteralmente: Meglio un quintale in testa che un'oncia nel
sedere! Id est: meglio patire un danno fisico, che sopportarne uno morale. In
pratica gli effetti del danno fisico, prima o poi svaniscono o si leniscono,
quelli di un danno morale perdurano sine die.
La voce cantàro (dall’arabo quintar) significa quintale;
qualche sprovveduto ritraendo l’accento la legge càntaro (che è dal lat.
cantharu(m) a sua volta dal greco kàntharos)e significa pitale) rovinando il
significato dell’espressione nella quale in origine si pongono giustamente a
paragone due pesi: cantàro (quintale) ed onza (oncia), mentre nella lettura
stravolta si porrebbero a paragone due entità incongruenti: un peso(oncia) ed
un pitale.
BRAK
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