1.NUN TENÉ PILE 'NFACCIA E SFOTTERE Ô BARBIERE
Non aver peli in volto e infastidire il barbiere - Cioè:
esser presuntuosi al punto che, mancando degli elementi essenziali per fare
alcunchè, ci si erga ad ipercritico e spaccone.È l’atteggiamento tipico dei
saccenti e/o supponenti.
2.NUN TENÉ VOCE 'NCAPITULO.
Letteralmente: non aver voce nel capitolo. Il capitolo della
locuzione è il consesso capitolare dei canonaci della Cattedrale; solo ad
alcuni di essi era riservato il diritto di voto e di intervento in una
discussione. La locuzione sta a significare che colui a cui è rivolta
l'espressione non à nè l'autorità, nè la capacità di esprimere pareri o farli
valere, non contando nulla, per cui è buona norma che taccia e non esprima
giudizi o pareri.
3.NUN VULÉ FÀ CARTE
Cominciamo con il dire che l’espressione è mutuata
ovviamente dal giuoco delle carte e che l’espressione è da tradursi con Non
voler distribuire le carte e non con un inconferente Non voler fabbricare le
carte come – inorridendo – mi occorse di cogliere sulle labbra di uno
spocchioso, ma sprovveduto docente universitario, sedicente cultore esperto [a
sentir Lui] di proverbi e/o locuzioni partenopee. In effetti l’espressione fare
le carte è usata anche fuor dell’àmbito napoletano e vale distribuire le carte
o talora, se riferito ad un/una cartomante, sta per leggere le carte, ma in
nessun caso fabbricare le carte Tanto premesso partendo come détto dall’esatta
traduzione Non voler distribuire le carte è facile cogliere che con
l’espressione ci si riferisce ad un soggetto che prepotente ed arrogante non
intende mai assumersi il còmpito di cartaro,sia cioè restio a farsi carico di
svolgere il còmpito che invece in ògni giuoco di carte deve essere svolto per
avvicendamento da tutti i giocatori,; il soggetto di cui dico invece
pretenderebbe di esser sempre servito di carte, piuttosto che farle, per poter
aprire il giuoco a suo piacimento e non esser costretto (da cartaro) a
chiuderlo accodandosi al giuoco altrui. In tal senso colui che non vuol far
carte è il soggetto che in ogni occasione non intende addivenire ad alcuna
proposta e si dimostra riottoso ad accodarsi alle altrui idee o iniziative,
recalcitrante persino a discuterne; è il soggetto che presuntuoso e supponente
si pone davanti la realtà contigente con la boria di avere Lui le soluzioni adatte
ad ògni tipo di problema mostrandosi indocile all’accoglimento di proposte che
abbiano fatto altre persone e senza distinguere se si tratti di cattive o di
buone, di perseguibili o campate in aria. Vengono da altri? Ed allora, per il
saccente che non vuol far carte, non sono accettabili e non mette conto neppure
discuterne!
In senso esteso infine l’espressione in epigrafe si attaglia
a qualsiasi persona sia restia ad addivenire ad alcunché; per cui ad es. nu’
vvo’ fà carte una ragazza che rifiuti le avances di un corteggiatore, nun vo’
fà carte un genitore che rifiuti di soddisfare le richieste pecuniare d’un
figliolo, nun vo’ fà carte una mamma che opponga un rifiuto al desiderio d’ una
figliola che vorrebbe un abito nuovo, nu’ vvo’ fà carte una moglie che respinga
l’istanza di preparare un’elaborata pasta al forno o che opponga alle richieste
del coniuge, un improvviso mal di capo e cosí via.
4.NUN VULÈ NÈ TTIRÀ, NÈ SCURTECÀ...
Non voler né tendere, né scorticare - Cioè: non voler
assumere alcuna responsabilità; locuzione mutuata dall’atteggiamento di taluni
operai conciatori di pelli quando non volevano né mantener tese le pelli, né
procedere alla relativa scuoiatura.
5.NUNN’ ACCUCCHIÀ NIENTE
Letteralmente Non accoppiare nulla, id est non sapere o non
riuscire mai a concludere nulla di positivo, non essere mai in grado di far
collimare pensiero ed azione giungendo a risultati concreti. L’espressione è
usata appunto nei confronti di chi impreparato, inetto ed incapace non possa
mai addivenire concretamente ad un risultato frutto dell’unione di una esatta
teoria con la operosa pratica.Il verbo accucchià = accoppiare, unire mettere
insieme è un denominale del s.vo cocchia(da un lat. volg.
cop(u)la(m)→copla(m)→cocchia con il tipico passaggio del gruppo pl a chi, come
in pluere→chiovere, plaga→chiaja, platea→chiazza, plumbeum→chiummo,
plattu-m→chiatto etc. ) = coppia attraverso un ipotizzato
*adcopulare→accoplare→accucchiare.
BRAK
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