1.'O FRIDDO Ê BBUONE 'E SCUTULÉA, I Ê MALAMENTE S''E CARRÉA.
Ad litteram: il freddo percuote chi gode buona salute e
porta via con sé chi sta male. Id est: i rigori invernali fanno comunque danno;
per solito, in inverno, chi gode buona salute, finisce per ammalarsi, mentre
chi è già malato corre il grave rischio di morire.
2.'O GALANTOMMO APPEZZENTÚTO, ADDEVÈNTA 'NU CHIAVECO.
Ad litteram: il galantumo che va in miseria, diventa un
essere spregevole. In effetti la disincantata osservazione della realtà dimostra
che chi perde onori e gloria, diventa il peggior degli uomini giacché si lascia
vincere dall'astio e dal livore verso coloro che il suo precedente status gli
consentiva di tenere sottomessi e che nella nuova situazione possono
permettersi di alzare la testa e contrattare alla pari con lui.
Chiaveco s.vo ed a.vo m.le = sporco, lercio e per estensione
cattivo soggetto, essere spregevole; è un adattamento al maschile del s.vo f.le
chiaveca/chiavica= fogna, porcheria,sozzura che è dal tardo lat. clàvica per il
classico cloaca normale il passaggio cl→chj→ chi come ad es. clarum→chiaro.
3.'O GALLO/VALLO NCOPP' Â ‘MMUNNEZZA
Letteralmente: il gallo sull'immondizia. Cosí, a buona
ragione, viene definito dalla cultura popolare partenopea, il presuntuoso, il millantatore,
colui che - senza particolari meriti, ma per mera fortuna o per naturale fLuire
del tempo - abbia raggiunto una piccola posizione di preminenza, e di lassú
intenda fare il buono e cattivo tempo, magari pretendendo di far valere il
proprio punto di vista, proprio come un galletto che, asceso un cumulo di
rifiuti, ci si sia posto come su di un trono e, pettoruto, faccia udire i suoi
chicchirichí. gallo/vallo s.vo m.le in doppia forma morfologica: uccello
domestico commestibile, con piumaggio brillante, testa alta con grossa cresta
carnosa e bargigli, zampe fornite di speroni, coda falciforme dai colori spesso
vivaci ; voce etimologicamente dal lat. gallu(m)sebbene non gli sia estranea la
radice centroeuropea kar,kal (risuonare); qualcuno poi à supposto un latino
*gannus donde gannulus→ gan’lus→gallus che troverebbe un suo parallelo
nell’ant. tedesco *hano da un verbo *hanan (= lat. canere(cantare)) con
riferimento al canto mattutino del gallo; a mio avviso questa di *gannus è tesi
veramente interessante e forse perseguibile; per il passaggio metaplasmatico di
g a v cfr. gunnella/vunnella – golpe/volpe – gallina/vallina etc.) ;
‘mmunnezza. s.vo f.le = immondiza, rifiuto, sporcizia, roba sudicia; in
partic., spazzatura; voce dal lat. immunditia(m)→’mmunnitia(m)→’mmunnezza,
deriv. di immundus.
4.'O PATAPATO (o anche 'O PARAPATO oppure 'O PATABBATE) 'E
LL'ACQUA oppure ‘O PATAPATO (o anche 'O PARAPATO oppure 'O PATABBATE)D''E
MAZZATE ETC.
Iperbolica locuzione, intraducibile ad litteram, con la
quale si vuol significare che l'acqua o le percosse o quanto altro non
richiamato espressamente dall'epigrafe è sparso in gran quantità e viene usata
ad es. a commento di un improvviso copioso temporale o come pesante minaccia
rivolta da un adulto nei confronti di un ragazzo al quale si promette una
estesa gragnuola di percosse.
Premesso che, contrariamente da quanto affermato da taluno,
il termine patabbate non richiama nessuna gerarchia ecclesiastica, essendo solo
la corruzione del termine cardine parapato,ricorderò che quest'ultimo deriva
dal greco parapatto donde in primis il parapato poi patapato richiamato che
significa spargere, distribuire copiosamente in giro, proprio nel senso che si
attaglia alla locuzione in epigrafe.
5.'O PATATERNO ADDÓ VEDE 'A CULATA, LLA SPANNE 'O SOLE
Ad litteram: il Padreterno dove vede un bucato sciorinato,
lí invia il sole. Id est: la bontà e la provvidenza del Cielo sono sempre
presenti là dove occorrono.
'a culata è appunto il bucato (che è dal ted. bukon) ed è
detto culata (deverbale di colare) per indicare il momento della colatura ossia
del versamento dell'acqua bollente sui panni già lavati,ma necessarii di
sbiancatura, sistemanti in un grosso capace contenitore; l'acqua bollente
veniva fatta colare sui panni attraverso un telo sul quale , temporibus illis,
era sistemata della cenere (ricca di per sé di soda, agente sbiancante(in
sostituzione di chimici detergenti)), e dei pezzi di arbusti profumati(per
conferire al bucato un buon odore di pulito)…; il telo proprio per il fatto di
accogliere la cenere fu détto cennerale.
LLA( e non llà)
avverbio di luogo corrispondente all’italiano là
1)
in quel luogo (indica un luogo genericamente
lontano da chi parla e da chi ascolta): puosalo lla; sta certamente lla (sta
senz'altro là) ; venimmo nuje lla ; nun sta cchiú lla, va’ lla (veniamo noi di
là; non sta piú là, va’là) | talvolta si unisce a gli agg.vi o pron. chillo/u – chellu - chella o ad un
sostantivo preceduto dai medesimi aggettivi , per determinare meglio la
posizione di una persona o di una cosa: chillu guaglione lla; chillu libro lla;
damme chellu ppane lla; piglia chella cosa lla;( quel ragazzo ; quel libro lí; dammi quel ppane lí; piglia quella cosa là).
2)
con valore rafforzativo o enfatico: siente
lla che casino! | chi è lla?, chi va lla?, fermo lla, usati da chi è di
guardia o in ispezione ' arri lla (in questo caso però piú spesso il lla si
semplifica in a per cui si à arri,a! !, per incitare bestie da soma o da tiro;
3) unito a un avverbio o a una
determinazione di luogo: lla dinto; lla
fora; lla attuorno; lla ssotto; lla’ncoppa; lla ‘ncopp’ a chella
seggia; lla dint’ â casa; lla addó m’hê
ditto |
‘a lla, da quel luogo: è partuto‘a lla ajeressera; curre‘a lla a cca ; pe gghí ‘a lla nfino â cimma nc'è
vo’ n'ora bbona ‘e scarpinetto; | essere
‘a lla essere cchiú ‘a lla ca a cca,
essere vicino a morire; ‘o spitale è assaje cchiú a lla; essere
4) in correlazione con qua e qui, per
indicare luogo indeterminato: andare ‘nu pco cca, ‘nu poco lla'; correre ‘a cca
e’a lla;qui e là cca e lla; guardà cca e lla.
L’ etimo di questo avverbio di luogo, cosí
come per il là dell’italiano è dal lat.
(i)lla(c); in italiano si è stati costretti ad accentare l’avverbio per
evitarne la confusione con il la art.
determ. femm. sg; in napoletano invece non vi è alcun altro monosillabo la con cui l’avverbio a margine ingeneri
confusione, per cui in napoletano non
v’à ragione per accentare questo la avverbio come invece purtroppo fanno tutti
gli autori partenopei buoni o meno buoni che siano che si lasciano frastornare
e fuorviare dal là accentato della
lingua italiana e dimenticano che i segni diacritici vanno usati per marcare
differenze di voci omofone, ma appartenenti al medesimo àmbito linguistico!
BRAK
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