1.NA MELA VERMENOSA AMMESCA TUTT’ ‘O MUNTONE
Letteralmente: una mela guasta, bacata infetta tutto il
mucchio, corrompendolo. Id est: non bisogna far causa comune con soggetti che
non siano di spiccata moralità e/o comportamento adamantino perché prima o poi
si finirà con il comportarsi alla medesima erronea maniera! Basta una sola mela
marcia per render marce tutte quelle con cui sia a contatto. Id est: in una
cerchia di persone, basta che ve ne sia una sola cattiva, sleale, di indole
malvagia o peggiore, per rovinare tutti gli altri.
2.'NA VOTA È PPRENA, 'NA VOTA ALLATTA, NUN 'A POZZO MAJE
VÀTTE'
Letteralmente: una volta è incinta, una volta dà latte, non
la posso mai picchiare...Come si intuisce la locuzione era in origine usata nei
confronti della donna. Oggi la si usa per significare la situazione di chi in
generale non riesce mai a sfogare il proprio rancore e o rabbia a causa di
continui e forse ingiustificati scrupoli di coscienza.Attenzione! Faccio notare
qui come nel napoletano l’apocope di vàttere→vàtte(re)→vàtte’ non comporta il
trasporto dell’accento tonico , per cui l’infinito vàtte’ non essendo accentato
sull’ultima sillaba (diventando tronco)rimane piano e va letto vàtte e non
vatté!
3.NAPULE FA 'E PECCATE I 'A TORRE 'E SCONTA.
Letteralmente: Napoli pecca e Torre del Greco è punita. La
locuzione è usata a significare l'incresciosa situazione di chi paga il fio
delle colpe altrui. Nel merito della locuzione: per mera posizione geografica e
a causa dei venti e delle correnti marine, i liquami che Napoli scaricava nel
proprio mare finivano, inopinatamente, sulla costa di Torre del Greco, ridente
località confinante col capolugo campano.
4.NCARISCE, FIERRO, CA TENGO N'ACO 'A VENNERE!
Letteralmente: oh ferro, rincara ché ò un ago da vendere. È
l'augurio che si autorivolge colui che à parva materia da offrire alla vendita
e si augura che possa riceverne il maggior utile possibile. La locuzione è
usata nei confronti di chi si lascia desiderare pur sapendo bene di non aver
grosse capacità da conferire in qualsivoglia contrattazione.
5.'NCASÀ 'O CAPPIELLO DINT' Ê RRECCHIE.
Letteralmente: calcare il cappello fin dentro alle orecchie
ossia calcarlo in testa con tanta forza che il cappello con la sua tesa faccia
quasi accartocciare i padiglioni auricolari. A Napoli, l'icastica espressione
fotografa una situazione nella quale ci sia qualcuno che vessatoriamente,
approfittando della ingenuità e disponibilità di un altro richieda a costui e
talvolta ottenga prestazioni o pagamenti superiori al dovuto, costringendo -
sia pure metaforicamente - il soccombente a portare un supposto cappello
calcato in testa fin sulle orecchie.
BRAK
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