1.NUN CE STANNO NÈ SSANTE, NÈ MMARONNE
Letteralmente Non ci son né santi, né Madonne (bastevoli
a...) Icastica espressione che in maniera direi piú contenuta (in quanto
rispettosamente chiama in causa solo i santi e/o la Vergine )richiama quella
della lingua nazionale Non c’è barba di Padreterno di analogo senso per
significare, riferita ad un pervicace, caparbio, testardo che nessuno, neppure
se si trattasse dei santi o della Madonna e di un loro intervento, potrebbe far
recedere il testardo da un incaponimento, un’ostinazione,una cocciutaggine, un
puntiglio, un capriccio, una fisima quasi mai razionali.
2.NUN DÀ PONIE A CCHI TÈNE MANE!
Non dare pugni a chi è provvisto di mani. Il proverbio
consiglia di porre parecchia attenzione al proprio operato per non incorrere -
secondo un noto principio fisico - in una reazione uguale e contraria che
certamente si verificherà.
3.NUN FÀ BBENE Ô PEZZENTE CA NCE ‘O PPIERDE!
Ad litteram: Non far del bene ad un povero ché lo perdi. Id
est: Il bene fatto a chi è veramente povero è irrimediabilmente perduto;
infatti in caso di prestito il povero non sarà mai in grado di restituire la
cosa avuta in prestito, in caso di liberalità non si otterrà nemmeno
riconoscenza: chi è povero, veramente povero per il suo stesso status è
purtroppo proclive all’invidia anche del proprio benefattore!
4.NUN FÀ PÌRETE A CHI TENE CULO...
Non fare scorregge contro chi à sedere. Id est: Non metterti
contro chi ha mezzi adeguati e sufficienti per risponderti per le rime...
5.NUN FA/FÀ ASCÍ ‘O GGRASSO FORA DÂ PIGNATA
Letteralmente l’espressione si traduce con : Non fa/fare
uscire il grasso fuor dalla pignatta. Passando al campo applicativo preciso che
la locuzione à un doppio significato:
1) in primis, con il verbo coniugato all’infinito [FÀ] essa
vale una sorta di constatazione osservando l’atteggiamento di qualcuno/a che
sia molto misurato/a nei consumi, tanto accorto/a e/o parsimonioso/a da evitare
qualsiasi spreco al segno di non permettere che il condimento in cottura
trabocchi per eccessivo bollore dalla pentola e tale accezione è quella esatta
allorché il fa dell’espressione è la 3ª pers. sg. indicativo presente
dell’infinito fà.
2)Tutt’altro significato prende l’espressione allorché il
verbo dell’espressione è la 2ª pers. sg.
imperativo dell’infinito fà. In tal caso la locuzione diventa non una
costatazione, ma quasi un ordine perentorio a non far traboccare il condimento
dalla pentola di pertinenza. Tuttavia mentre nel caso sub 1) la locuzione può
essere tranquillamente intesa nel senso letterale con riferimento alla
avvedutezza e/o parsimonia di chi si adopera per evitare che si cada
nell’eccesso facendo traboccare il condimento o conferito in maniera
sovrabbondante,o non tenuto sotto controllo durante la sua cottura, nel caso
sub 2) con l’uso dell’imperativo l’espressione non si deve intendere come un
consiglio/ordine a non far traboccare il condimento o conferito in maniera sovrabbondante,o
non tenuto sotto controllo durante la sua cottura,ma deve intendersi in senso
traslato come consiglio/ordine dato ad un familiare di non lasciar trapelare
all’esterno [dandoli in pasto ai terzi] i fatti e/o i problemi di famiglia che
vanno rigorosamente tenuti segreti e sotto il controllo di chi compone la
famiglia.Ed ancóra l’espressione sub 2) in un suo sotteso significato
metaforico vale: adoperarsi per non permettere che le risorse familiari
travalichino i sacrosanti confini della famiglia per essere destinate ad
estranei e/o a parenti non molto prossimi.
BRAK
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