lunedì 6 febbraio 2017

VARIE 17/151

1.GENNARINO NUN DICE BUSCIE; DICE ‘NU CUOFANO ‘E FESSARIE. Ad litteram: Gennarino non dice bugie; dice un cumulo di sciocchezze. Cosí, con la locuzione indicata si suole prender giuoco di ogni persona notoriamente bugiarda , poco credibile, millantatrice; l’espressione nacque allorché esistette in Napoli un tal Gennarino, venditore ambulante di panzarotti fritti (gustosissime frittelle di patate, di origine meridionale che, come alibi scrissi, sarebbe piú giusto, anche in italiano, continuare a chiamare panzarotti e che invece impropriamente vengon dette crocchette) che era solito magnificare la propria merce in modo esagerato sottolineando le sue parole con l’aggiunta di una sorta di giuramento: Gennarino nun dice buscie (Gennarino non mente!). Atteso che la merce, invece, non era cosí buona come magnificato dal venditore, gli scugnizzi napoletani presero a canzonarlo aggiungendo al suo giuramento una caustica chiosa: dice ‘nu cuofano ‘e fessarie. (dice un cumulo di sciocchezze) volendo significare che il sullodato Gennarino, in qualsiasi caso (si trattasse di bugie o di sciocchezze) mentiva e la sua merce era scadente! buscía (di cui buscíe è il plurale) = bugia, menzogna ed altrove piattello ansato per ragger le candele; nel significato di bugia è parola derivante dal provenzale bauzía che è dal francone bausi = menzogna, malignità; nel senso di piattello ansato per regger candele deriva dal nome della città algerina Bugiaya dove si producevano tali piattelli e da dove, pare, s’importasse la cera per produrre le candele; cuofano = cesto, corbello e per traslato gran quantità, abbondanza; dal latino cophinu(m)= cesta, normale il passaggio della i atona ad a atona, in parole sdrucciole; fessaria= cosa da nulla, sciocchezza, inezia e per traslato bugia macroscopica; etimologicamente da fesso (rotto, spaccato e poi sciocco) p.pass. del verbo findere (rompere, spaccare) + il suff. di pertinenza arius/aro + la desinenza tonica ía; rammenterò che la stessa parola con i medesimi significati si ritrova pure nella lingua ufficiale sebbene in quest’ultima l’originaria ed etimologica a ovviamente aperta, la si sia sostituita con una pretestuosa e chiusa (ritenuta forse, ma scioccamente, piú consona dell’aperta a alla elegante (sic?) dialetto di Alighieri Dante, ottenendo cosí in Luogo di fessaria una non migliore fesseria. 2.GIACCHINO METTETTE 'A LEGGE E GIACCHINO FUJE 'MPISO. Ad litteram: Giocchino [Murat]emanò una legge e Gioacchino fu impiccato. Cioè: Chi è causa del suo mal, pianga se stesso. Locuzione che fa riferimento a Gioacchino Murat nato Joachim Murat-Jordy (Labastide-Fortunière, 25 marzo 1767 † Pizzocalabro, 13 ottobre 1815), ucciso in attuazione di una norma da lui stesso dettata; nè muta la sostanza dell’espressione il fatto che Murat fósse stato fulicilato e non impiccato. 3.GIORGIO SE NE VÒ JÍ I 'O VESCOVO N' 'O VÒ CACCIÀ. Giorgio intende andar via e il vescovo vuole cacciarlo. L'icastica espressione fotografa un rapporto nel quale due persone intendono perseguire il medesimo fine, ma nessuno ha il coraggio di prendere l'iniziativa, come nel caso del prelato e del suo domestico... 4.GRANNEZZA 'E DDIO: ERA MONACO E PPURE PISCIAVA. Letteralmente: grandezza di Dio: era monaco eppure mingeva. La locuzione è usata per bollare chi fa le viste di meravigliarsi delle cose piú ovvie e naturali come qualcuno che si stupisse nel vedere un frate portare a compimento una sua funzione fisiologica. 5.GUÀLLERE E PPAZZE, VENONO 'E RAZZA... Ernie e pazzia sono ereditarie(non si possono eludere). BRAK

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