mercoledì 8 febbraio 2017

VARIE 17/161

1.JÍ TRUVANNO SCESCÉ Espressione intraducibile ad litteram con la quale si identifica chi, in ogni occasioni cerchi cavilli, pretesti, adducendo scuse per non operare come dovrebbe o facendo le viste di non comprendere, per esimersi; talvolta chi si comporta come nella locuzione in epigrafe lo fa allo scopo dichiarato di litigare, pensando di trovare nel litigio il proprio tornaconto. La parola scescé è un chiara corruzione del francese chercher (cercare) Probabilmente, durante la dominazione murattiana un milite francese si fermò a chiedere una informazione ad un popolano dicendogli forse: “Je cherche (io cerco) oppure usò una frase contenente l’infinito: chercher” Il popolano che non conosceva la lingua francese fraintese lo chercher, che gli giunse all’orecchio come scescè e pensando che questo scescé fosse qualcosa o qualcuno di cui il milite andava alla ricerca, comunicò agli astanti che il milite jeva truvanno scescé (andava alla ricerca di un non meglio identificato scescé). 2.JÍ ZUMPANNO ASTECHE E LLAVATORE Letteralmente: andar saltando per terrazzi e lavatoi. Id est: darsi al buon tempo, trascorrendo la giornata senza far nulla di costruttivo, ma solo bighellonando in ogni direzione: a dritta e a manca, in alto (asteche=lastrici solai,terrazzi) ed in basso (i lavatoi erano olim ubicati in basso - per favorire lo scorrere delle acque - presso sorgenti di acque o approntate fontane, mentre l'asteche, ubicati alla sommità delle case,erano i luoghi deputati ad accogliere i panni lavati per poterli acconciamente sciorinare al sole ed al vento, per farli asciugare. 3.JÍRSE A SPILÀ 'E RRECCHIE A SSAN PASCALE Letteralmente: andarsi a sturare le orecchie a san Pasquale. Espressione usata sarcasticamente nei confronti di chi faccia le viste di essere improvvisamente insordito e perciò non sentire un invito o un comando per non metterlo in pratica. In realtà tutto ciò avviene perché manca nel finto sordo la volontà di accettare l’invito o di sottostare al comando; ebbene a costui si consiglia di provvedere a farsi curare la sordità recandosi presso il monastero dei monaci( in origine Alcantarini di Lecce)di san Pasquale a Chiaia che conducevano un piccolo ospedale annesso al loro monastero e vi curavano piccole o grosse affezioni otorino-laringotatriche; tra le pratiche piú comuni v’era quella si liberare gli orecchi dall’eccesso di cerume (causa talora di temporanea ipoacusia) servendosi di un olio medicamentoso prodotto dagli stessi monaci con le mandorle raccolte nel proprio orto/giardino. Il monastero di san Pasquale era adiacente all’omonima chiesa edificata per volontà di Carlo di Borbone nel 1750 ca ed affidata ai monaci Alcantarini, famiglia francescana nell'Ordine dei Frati Minori (O.F.M.); l'Ordine degli Alcantarini, nacque con San Pietro d'Alcàntara nel 1555, come riforma all'interno del grande Ordine dei Francescani Minori. 4.JIRSENE ‘E CAPA Ad litteram: andarsene di testa. Id est: esaltarsi,montarsi la testa. Espressione usata per connotare l’atteggiamento scioccamente spocchioso di chi si esalti, si insuperbisca anche per un semplice piccolo elogio ricevuto, imbaldanzendosi oltre ogni limite o il consueto. 5.JIRSENE ‘MPILO ‘MPILO Ad litteram: andarsene di pelo in pelo Id est: deperire, consumarsi a poco a poco. Espressione usata in riferimento a chi per malnutrizione, inedia si indebolisca, esaurendosi, consumandosi, deperendosi al segno che, iperbolicamente, se ne possano contare i singoli peli.BRAK

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