1.CACARELLA SENZA FREVA, VIATO A CCHI ‘A TENE
Ad litteram: Beato chi soffra di diarrea senza che sia
accompagnata da febbre.
Antica espressione ancóra in uso, di complessa spiegazione.
Per venire a capo di questa locuzione e superare la pedissequa interpretazione
letteraria che sottende l’autentico significato, bisogna por mente súbito ad
alcune cose: a) la diarrea se accompagnata da febbre è sintomo di grave
infezione intestinale e può essere prodromica di malattie ben piú gravi: tifo,
colera etc.;b) un’improvvisa, ma breve diarrea non accompagnata da febbre,
specie nei bambini, è procurata spesso da un grave spavento; c) in napoletano
il s.vo cacarella è da intendersia sia come diarrea che ( figuratamente e piú
spesso) come spavento che della diarrea è ritenuto esser causa; d) in
napoletano il s.vo freva è da intendersi sia come febbre, ipotermia che come
brama, passione, smania, collera , stizza, indignazione Tanto premesso,
l’espressione è da intendersi o nel senso di Beato chi pur spaventato e perciò
colpito da transitoria cacaiola non sia febbricitante perché non colpito da ben
piú gravi malattie che non un semplice spavento; o anche Beato chi pure
spaventato o impaurito non abbia atteggiamenti di smania,collera, stizza,
indignazione.
viato/a agg.vo m.le o f.le = beato, gioioso, felice,
appagato, tranquillo, lieto, sereno, contento; voce che è part. pass. del lat.
beare con normale alternanza b→v (cfr. bucca(m)→vocca – barca(m)→varca –
bibere→vevere etc.)
cacarella s.vo f.le (in primis) cacherella, diarrea,
emissione di feci liquide o semiliquide. (figurate) spavento, paura; voce
deverbale del lat. cacare
senza prep.
1 indica mancanza, esclusione, privazione;
2 seguita da un infinito o da che e il verbo al congiunt.,
introduce una proposizione con valore modale: ascette senza pavà(uscí senza
pagare)
voce dal lat. absentia→(ab)sentia→senza, che all'ablativo
significa 'in mancanza di';
freva s.vo f.le (in primis) febbre, piressia, ipertermia,
temperatura;
(figurate) brama, passione, smania,collera, stizza,
indignazione; voce lettura metatetica del lat. febre( m)→frebe(m)→freva con
normale alternanza b→v.
2.CACCHIO, CACCHIO (nell’espressione VENIRSENE CACCHIO
CACCHIO)
;Cacchio, cacchio sta per: strano,bizzarro, insolente,
sfacciato, sfrontato, impudente, scortese anzi stranissimo, bizzarrissimo
insolentissimo, sfacciatissimo, sfrontatissimo, impudentissimo, scortesissimo(
come è nell’espressione : venirsene cacchio cacchio,avvicinarsi cacchio
cacchio)Espressione usata per significare l’atteggiamento di chi, facendo finta
di nulla, mogio mogio, con indifferenza ed ostentata tranquillità, si prepara
invece ad agire proditoriamente in danno di terzi, quasi che si accostasse al
Luogo dove agirà, con studiata noncuranza.
Da rammentare che l’espressione in epigrafe era usata da
Totò, il principe del sorriso, sommandola con la pleonasticaespressione tomo
tomo espressione inutile in quanto di di uguale portata e/o significato, ma di
minor presa; ò detto pleonastica perché, mi pare che non ci fosse stato il
bisogno di chiarire o aumentare la portata del cacchio cacchio napoletano,
espressione - al contrario - molto piú corposa e pregnante, per il vocabolo
usato, dell’algido tomo tomo, espressione che pur napoletana è costruita con un
vocabolo italiano presente altresí in quella dell’italiano essere un bel tomo
nel senso di essere un tipo strano .
3.CADÉ ‘A COPP’Ô PÈRE ‘E PUTRUSINO.
Ad litteram: cadere dalla pianta di prezzemolo; id est
ammalarsi , anche se di affezioni non importanti, ma reiterate; la locuzione è
usata soprattutto per commentare lo stato di malferma salute delle persone
anziane che son solite ammalarsi di piccole affezioni che, se per la loro non
eccessiva virulenza e/o importanza, non destano particolari preoccupazioni, pur
tuttavia son di gran fastidio per gli anziani che subiscono tali affezioni
paragonate nella locuzione in epigrafe alle cadute da una pianta di prezzemolo,
cadute che poiché avvengono da una pianta molto bassa non son pericolose, anche
se - altrove si consiglia di evitare cadute vasce (cadute basse) in quanto
pericolose.
4.CAMMENÀ CU ‘A CARROZZA D’ ’O SCARPARIELLO
Letteralmente: Incedere con la carrozza del ciabattino; id
est: usare come carrozza quella fornita dal ciabattino, e cioè le proprie
scarpe, marciando a piedi. Espressione usata a divertita chiosa del
comportamento di chi non perché salutista, ma perché parsimonioso al
massimo,quasi avaro, pur di risparmiare i pochi soldi per servirsi di una
carrozza per il trasporto pubblico, si rassegni a marciar a piedi.
carrozza s.vo f.le
1 vettura a quattro ruote, con chiusura a cabina o a
mantice, trainata da uno o piú cavalli, per il trasporto di persone. DIM.
carrozzella/carruzzella,
2 vagone ferroviario per il trasporto di persone: carrozza
di prima, di seconda classe | carrozza letto, provvista di cuccette | carrozza
ristorante, dove si servono i pasti | carrozza ristoro, dove si fa servizio di
bar
3 mozzarella ‘ncarrozza, specialità della cucina napoletana
costituita da due fette di pane senza crosta ripiene di mozzarella,bagnate nel
latte, infarinate, intinte nell'uovo e poi fritte. etimologicamente carrozza è
voce dallo spagnolo carroza marcata su di un lat. barbarico *carrocea affine al
cl. carrus;
scarpariello s.vo m.le diminutivo (cfr. suff. iello) di
scarparo s.vo m.le letteralmente non è il ciabattino, colui che accomoda le
scarpe rotte (costui, in corretto napoletano è ‘o solachianiello ), ma è il fabbricante
di scarpe,in linea con l’etimologia del termine scarparo che è dal
portoghese-spagnolo escarpa con l’aggiunta di un suffisso di attinenza arius→
aro di reminescenza latina; da quanto détto se ne ricava che la locuzione piú
acconciamente potrebbe esser resa con Cammenà cu ‘a carrozza d’ ’o
solachianiello (ciabattino) e non Cammenà cu ‘a carrozza d’ ’o scarpariello il
(giovane fabbricante di scarpe).
5.CAMPÀ ANNASCUSO DÔ PATATERNO.
Ad litteram: Vivere nascondendosi all’ Eterno Padre; id est:
vivere non dando contezza di sè nemmeno al Cielo, quasi di soppiatto,
clandestinamente se non addirittura a dispetto ed in barba di tutti gli altri.A
Napoli la locuzione è usata quando si voglia dare ad intendere che sia
impossibile conoscere da cosa o chi taluno tragga i propri mezzi di
sostentamento, posto che il suo tenore di vita eccede le di lui conclamate
possibilità economiche.
Brak
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