1.CHIANU CHIANO 'E CCÒGLIO E SSENZA PRESSA, 'E VVENGO.
Letteralmente: piano piano li raccolgo e senza affrettarmi
li vendo. La locuzione sottolinea l'indolenza operativa di certuni, che non si
affrettano mai nè nel loro incedere né nel portare a compimento alcunché.
2.CHIJARSELA A LIBBRETTA.
Letteralmente: piegarsela a libretto. E' il modo piú comodo
dper consumare una pizza, quando non si può farlo comodamente seduti al tavolo
e si è costretti a farlo in piedi. Si procede alla piegatura in quattro parti
della pietanza circolare che assume quasi la forma di un piccolo libro e si può
mangiarla riducendo al minimo il pericolo di imbrattarsi di condimento. Id est:
obtorto collo, per necessità far buon viso a cattivo gioco.
3.CHILLO SE METTE 'E DDETE 'NCULO E NNE CACCIA 'ANIELLE.
Ad litteram: Quello si mette le dita nel culo e ne tira
fuori anelli. Id est: la fortuna di quell'essere è cosí grande che è capace di
procurarsi beni e ricchezze anche nei modi meno ortodossi o possibili.
4.CHILLO T’À FATTO ‘NCAPO!
Ad litteram. Colui ti à defecato in testa! Antica icastica
locuzione usata a dileggio di chi mostri di avere predilezioni o preferenze,
spesso immotivate, nei riguardi di qualcuno e lo si accusa di ciò quasi
attribuendogli la capacità di sopportare da parte del prediletto qualsiasi
oltraggio, vilipendio, ingiuria, offesa, al segno di tollerare perdonandogli
persino l’oltraggio gravissimo d’esser defecato in testa!
5.CHISTO È ‘NA GALLETTA CA NUN SE SPOGNA!
Ad litteram: Costui è una galletta che non si (riesce a)
spugnare. Icastica espressione partenopea usata sarcasticamente nei confronti
di qualcuno che sia cosí tanto avaro o cosí tanto restio a conferire la propria
opera da poter esser messo a paragone ad una galletta (dal francese galette,
deriv. di galet, ant. gal 'ciottolo', per la forma e/o durezza) quel tipico
pane biscottato, a forma di focaccia, conservabile per lunghissimo tempo, pane
impastato con pochissimo lievito e perciò durissimo; tali gallette un tempo
entrarono a far parte delle razioni alimentari dei soldati (fanti o marinai) ma
pure delle delle riserve alimentari dei pescatori che le preferirono al pane
giacché non ammuffivano e si conservavano per un tempo quasi indeterminato. Per
potersene nutrire militari e pescatori usavano mettere a mollo in acqua di
fonte o addirittura di mare...) le gallette fino a che, non se ne fossero ben
bene imbibite, diventando morbidi ed edibili; tale operazione fu detta in
napoletano spugnatura che come significato non corrisponde alla omofona ed
omografa spugnatura della lingua italiana dove significa, quale deverbale di
spugnare: (che è un denominale di spugna dal lat. spongia(m), dal gr. sponghía)
il bagnarsi, lo strofinarsi per mezzo di una spugna; in partic., lo spremere
spugne imbevute di acqua o di liquidi medicamentosi su parti del corpo a scopo
terapeutico; la spugnatura napoletana invece, quantunque pur essa derivata di
spugna dal lat. spongia(m), dal gr. sponghía indica esattamente l’operazione di
mettere a mollo in acqua o altro liquido (brodo) le gallette spezzettate per
modo che si imbibiscano d’acqua, brodo etc. a mo’ di una spugna,
ammorbidendosi; cosa che non si può dire del protagonista della locuzione in
epigrafe, protagonista che è cosí duro di cuore e/o volontà che mai lo si
riuscirebbe ad ammorbidire convincendolo ad allargare i cordoni della propria
borsa o convincendolo a prestar la propria opera a pro di terzi. chisto =
questo, costui ( dal lat. volg. *(ec)cu(m) istu(m), propr. 'ecco questo')
agg.vo e qui pronome dimostrativo; come agg. dimostr. [precede sempre il
sostantivo] indica persona o cosa vicina, nel tempo o nello spazio, a chi parla
o indica persona o cosa di cui si sta parlando o anche vale simile, siffatto,
di questo genere ( ad es. nun ascí cu chistu tiempo! = non sortire con un tempo
simile!); come pron. dimostr. indica persona o cosa vicina a chi parla, o
persona o cosa della quale si sta parlando; o ciò, la cosa di cui si parla.
Brak
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