1.FÀ ‘O SPALLETTONE oppure
al femminile ‘A CCIACCESSA
Espressione intraducibile ad litteram in quanto in italiano
manca un vocabolo unico che possa tradurlo, per cui bisogna dilungarsi nella
spiegazione per poter venire a capo delle espressioni in epigrafe.
Ciò premesso, dirò che esiste, o meglio, esistette fino agli
anni ’60 dello scorso secolo, a Napoli un vocabolo che,nel parlare comune,
conglobava in sè tutto un vasto ventaglio di significati. E’ il vocabolo in
epigrafe che si dura fatica a spiegare tante essendo le sfumature che esso
ingloba.
In primis dirò che con esso vocabolo si indica il saccente,
il supponente, il sopracciò, il millantatore, colui che anticamente era
definito mastrisso ovvero colui che si ergeva a dotto e maestro, ma non aveva
né la cultura, nè il carisma necessarii per essere preso in seria
considerazione.
Piú chiaramente dirò, per considerare le sfumature che
delineano il termine in epigrafe, che vien definito spallettone chi fa le viste
d’essere onnisciente, capace di avere le soluzioni di tutti i problemi, specie
di quelli altrui , problemi che lo spallettone dice di essere attrezzato per
risolvere, naturalmente senza farsi mai coinvolgere in prima persona, ma solo
dispensando consigli , che però non poggiano su nessuna conclamata scienza o
esperienza, ma son frutto della propria saccenteria in virtú della quale non
v’è campo dello scibile o del quotidiano vivere in cui lo spallettone non sia
versato;l’economia nazionale? E lo spallettone sa come farla girare al meglio. L’educazione
dei figli altrui, mai dei propri !? Lo spallettone, a chiacchiere, sa come
farne degli esseri commendevoli; e cosí via non v’è cosa che abbia segreti per
lo spallettone che, specie quando non sia interpellato, si offre e tenta di
imporre la propria presenza dispensando ad iosa consigli non richiesti che - il
piú delle volte- comportano in chi li riceve un aggravio delle incombenze, del
lavoro e dell’impegno, aggravio che va da sé finisce per essere motivo di
risentimento e rabbia per il povero individuo fatto segno delle stupide e vacue
chiacchiere dello spallettone.
E passiamo a quella che a mio avviso è una accettabile
ipotesi etimologica del termine in epigrafe.
Premesso che tutti i compilatori di dizionarii della lingua
napoletana, anche i piú moderni, con la sola eccezione forse dell’ avv.to
Renato de Falco e del suo Alfabeto napoletano, non fanno riferimento alla
lingua parlata, ma esclusivamente a quella scritta nei classici partenopei, va
da sè che il termine spallettone non è registrato da nessun calepino, essendo
termine troppo moderno ed in uso nel parlato, per esser già presente nei
classici.
Orbene reputo che essendo il sostrato dello spallettone, la
vuota chiacchiera, è al parlare che bisogna riferirsi nel tentare di trovare
l’etimologia del termine che, a mio avviso si è formato sul verbo parlettià
(ciarlare)con la classica prostesi della S non eufonica, ma intensiva
partenopea, l’assimilazione della R alla L successiva e l’aggiunta del suffisso
accrescitivo ONE.
Per concludere potremo definire cosí lo spallettone:
ridicolo millantatore, becero, vuoto, malevolo dispensatore di chiacchiere, da
non confondere però con il pettegolo che è altra cosa e che in napoletano è
reso con un termine diverso da spallettone e cioè con il termine: parlettiere.
Va da sè che il termine esaminato è esclusivamente maschile;
esiste però un corrispondente termine femminile con i
medesimi significati del maschile ed è come riportato nella variante in
epigrafe: CCIACCESSA correttamente scritto con la geminazione iniziale della C:
cciaccessa; l’etimo è reputato,
sconosciuto, ma penso, stante anche per essa parola il sostrato di un vuoto
parlare che possa essere un deverbale formatosi su di un iniziale
ciarlare→ciacciare donde cciaccessa.
2.FÀ ‘O VIAGGIO D’’O MISCRINO
Ad litteram: fare il viaggio del Meschino Id est: impegnarsi
in una faticosissima attività, un’improba impresa, ma totalmente inutile vuoi
per le ragioni che la promuovono, vuoi per i risibili risultati che si
raggiungono; la locuzione in epigrafe richiama le avventure di uno degli eroi
del ciclo carolingio : Guerino detto il Meschino protagonista di numerose dure
ma inutili avventure narrate dallo scrittore italiano Andrea da Barberino, al
secolo Andrea Mengabotti o Andrea de' Mengabotti (Barberino Val d'Elsa, 1370
circa –† 1432 circa), e riprese oltr’ alpi da narratori francesi.
3.FÀ A UNO ‘NZOGNA E PPUMMAROLA.
Ad litteram: fare (cucinare) uno (con) sugna e pomodoro.
Icastica espressione
usata per indicare che si intende maltrattare qualcuno, violentemente
percuoterlo, ridurlo a cattivo stato fino ad iperbolicamente cucinarlo in forno
dopo averlo schiacciato a dovere come si farebbe con una pizza condita, a
maggior disdoro, non con il tenue olio d’oliva, ma con la greve sugna e la
classica salsa di pomodoro.
La pizza ‘nzogna e ppummarola fu anticamente uno dei piú
classici modi di approntare la pizza che veniva appunto condita con sugna,
pomidoro ed abbondante pecorino prima d’esser cotta in forno; successivamente
il condimento per questa pizza napoletana mutò e venne usato olio d’oliva,
pomidoro aglio ed origano e la pizza cosí condita non ebbe piú il nome di
napoletana, ma divenne â marenara. E tutto ciò con buona pace del sig. Luciano Galassi che in un suo volumetto, pur
citando questa mia esposizione, me ne contesta la morfologia asserendo che nel
caso l’espressione derivasse veramente dal modo di condire e cucinare una pizza
la locuzione avrebbe dovuto essere: “Fà a uno cu ‘nzogna e ppummarola” laddove
basta semplicemente entrare in una autentica pizzeria napoletana ed ordinare
una pizza ‘nzogna e ppummarole per rendersi conto che il cu è o sarebbe
pleonastico ed irrilevante; il pizzaiuolo capirebbe che tipo di pizza gli si
stesse ordinando con e senza il “cu”!
4.FÀ ABBATE A CQUACCHEDUNO.
Ad litteram: fare abate qualcuno; id est: gabbare,
imbrogliare, ingannare chi sia sciocco e credulone.Un tempo per ricevere la
nomina ad abate non occorreva si fosse in possesso di grandi doti intellettive,
o di particolari meriti; spesso anzi piú si era stupidi piú si avevano
probabilità d’esser nominati; la locuzione prende a suo fondamento proprio
l’evenienza qui ricordata.
5.FÀ ACQUA 'A PIPPA!
Letteralmente: la pipa fa acqua!; id est: la miseria
incombe, ci si trova in grandi ristrettezze. Icastica espressione con la quale
si suole sottolineare lo stato di grande miseria in cui versa chi sia il
titolare di questa pipa che fa acqua. Sgombro súbito il campo da facili
equivoci: con la locuzione in epigrafe la pipa, strumento atto a contenere il
tabacco per fumarlo, non à nulla da vedere; qualcuno si ostina però a vedervi
un nesso e rammentando che quando a causa di un cattivo tiraggio, la pipa inumidisce
il tabacco acceso impedendogli di bruciare compiutamente, asserisce che si
potrebbe affermare che la pipa faccia acqua. Altri ritengono invece che la pipa
in questione è quella piccola botticella spagnola nella quale si conservano i
liquori, botticella che se contenesse acqua starebbe ad indicare che il
proprietario della menzionata pipa sarebbe cosí povero, da non poter conservare
costosi liquori, ma solo economica acqua. Mio avviso è invece che la pippa in
epigrafe sia qualcosa di molto meno casto e della pipa del fumatore, e di
quella del beone spagnolo e stia ad indicare, molto piú prosaicamente, il
membro maschile che laddove, per sopravvenuti problemi legati all’ età o ad
altri malanni, non fosse piú in grado di sparger seme si dovrebbe contentare di
emettere i liquidi scarti renali, esternando cosí la sua sopravvenuta miseria
se non economica, certamente funzionale.Del resto nell’icastico parlar
napoletano il gesto onanistico maschile corrisponde alla moderna espressione:
farse ‘na pippa! che negli anni ’50 del 1900 sostituí le piú antiche: FARSE ‘NA
SEGA! o anche FARSE ‘NA PUGNETTA!
Brak
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