1.CHI VO’ BBENE Ô MARÍTO, VEVE 'NCOPP'A LL'ACÍTO.
Letteralmente: chi vuol bene al marito beve anche in
presenza di una crisi di acidità gastrica.Id est: il bene coniugale fa superare
ogni avversità, anche a costo di sacrificio quale è quello di bere in presenza
di una crisi di stomaco con versamento acido.L'acíto di per sé sarebbe l'aceto
di vino, ma nella locuzione sta ad indicare quel succo acre che prodotto dallo
stomaco spesso a seguito di cattiva digestione, torna in gola e nelle fauci
disturbando(e dunque piú correttamente dovrebbe leggersi àcito= acido e non
acíto= aceto, ma leggendo àcito e non acíto verrebbe meno la rima con maríto,
rima con cui il proverbio è stato tramandato (cosí come nella forma in
epigrafe) operando una piccola forzatura di significato della voce acíto.
2.CHIACCHIERE E TTABBACCHERE 'E LIGNAMMO, Ô BBANCO NUN NE
'MPIGNAMMO.
Letteralmente: chiacchiere e tabacchiere di legno non sono
prese in pegno dal banco. Il banco in questione era il Monte dei Pegni sorto a
Napoli nel 1539 per combattere la piaga dell'usura. Da esso prese vita il Banco
di Napoli, fiore all'occhiello di tutta l'economia meridionale, Banco che è
durato sino all'anno 2000 quando, a completamento dell'opera iniziata nel 1860
da Cavour e Garibaldi e da casa Savoia, non è stato fagocitato dal piemontese
Istituto bancario San Paolo di Torino. La locuzione proclama la necessaria
concretezza dei beni offerti in pegno, beni che non possono essere evanescenti
come le parole o oggetti non preziosi. Per traslato l'espressione si usa nei
confronti di chi vorrebbe offrirci in luogo di serie e conclamate azioni,
improbabili e vacue promesse.
3.CHIAGNERE CU 'A ZIZZA 'MMOCCA...
Piangere con la tetta in bocca - Cioè: piangere
ingiustificatamente o a sproposito; détto di chi si lamenti sempre
ingiustificatamente al solo fine di turlupinare il prossimo ottenendo aiuti o
vantaggi immeritati. In tal senso s’usa anche affermare: ‘O PICCIO RENNE il est: il pianto rende, è
produttivo!
4.CHIAITARSE QUACCOSA
Ad litteram: Reclamare, richiedere (con insistenza)
qualcosa,piatirla quasi lamentosamente, esigerla, pretenderla, ridomandarla,
rivendicarla con accanimento, con petulanza, con pressione e sollecitazione
quasi ricorrendo (per ottenerla) alla questione o al litigio.Il verbo chiaità[=rivendicare,
richiedere] donde il riflessivo chiaitarse trova il suo etimo nel lat.
placitàre attraverso un plagitare con caduta della “g” intervocaliva e sviluppo
di una “j” di transito poi assorbita nella “i” donde
plagitare→pla(g)itare→plajitare→plaitare→chiaità; normale nel napoletano e
tipico l’ esito del digramma pl in chi (cfr. platea→chiazza - plumbeum→chiummo
- pluere→chiovere – plattu-m→chiatto etc.);a sua volta plagitare è un
denominale di plagitu-m←placitu-m= lite, litigio, vertenza che diede il napoletano
chiajeto di pari significato.
5.CHIAMMÀ A SAN PAOLO PRIMMA ‘E VEDÉ ‘A SERPE
Ad litteram: Invocare (la protezione di) san Paolo prima di
scorgere un serpente (che possa nuocere). Con riferimento a chi, vigliacco o
eccessivamente pauroso, prima dell’appalesarsi d’un pericolo si ponga in
posizione difensiva chiamando addirittura in soccorso la protezione dei santi.
Nella fattispecie l’apostolo Paolo è invocato quale protettore nel caso di
incresciosi incontri con serpenti; e ciò perché pare che il suddetto apostolo
durante il viaggio che lo condusse da Gerusalemme a Roma (dove essendo civis
romanus subí il martirio della decapitazione e non quella della crocefissione
riservata a gli schiavi ed a chi non avesse cittadinanza romana) subisse il
morso d’una vipera ma ne restasse miracolosamente illeso.Brak
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