1.CARNEVALE MIO, SI SAPEVO CA MURIVE, T’ABBUFFAVO ‘E SSCORZE
‘E LUPINE
Lettaralmente: Carnevale mio, se avessi saputo che saresti
morto ti avrei nutrito di cocce di lupini (piuttosto che di gustose e costose
pietanze, quali lasagne ripiene,polpette e/o braciole di manzo o di cotiche di
maiale al ragú (che sono i tipici cibi con cui si imbandiscono le tavole prima
dell’inizio della quaresima) che non ài apprezzato sino in fondo e di cui non
m’ài ringraziato!). Espressione sarcastica usata nei confronti di chi
beneficiato di gratuiti aiuti e/o provvidenze dal proprio prossimo,non li
apprezzi a sufficienza o addirittura si mostri ingrato ed irriconoscente; a
siffatti individui ci si riferisce con la frase in esame per bollarli di
ingratitudine, irriconoscenza e d’essere volutamente immemori, dimentici, tal
quale il Carnevale che nutricato di costose e gustose pietanze nell’ultimo dí
delle sue feste (martedí grasso), mostra di non giovarsene appieno ed
ugualmente decede per dare spazio alla quaresima (mercoledí delle ceneri);
Carnevale s.vo m.le
1 periodo dell'anno che va dall'epifania all'inizio della
quaresima; in partic., l'ultima settimana di questo periodo, dedicata
tradizionalmente ai divertimenti e alle feste mascherate: veglione di carnevale
| bruciare il carnevale, dar fuoco al fantoccio che lo rappresenta; (fig.)
terminare la festa | prov. : a, di carnevale ogni scherzo vale, durante il
carnevale tutto è lecito
2 (estens.) l'insieme delle feste, delle manifestazioni
organizzate durante il carnevale: il carnevale di Venezia, di Viareggio. DIM.
carnevaletto, carnevalino ACCR. carnevalone
3(estens.) la maschera che rappresenta quelle feste;
4 (fig.) tempo di spasso e di allegria; chiasso, confusione
| carnevalata, pagliacciata.
voce derivata a mio avviso piú che (come opinano i piú) da
carne levare, perché dopo tale periodo cominciava l'astinenza quaresimale,
dall’espressione esclamativa latina carne(m) vale! = ti saluto carne! e ciò
sempre perché dopo tale periodo cominciava quello quaresimale e la carne per
quaranta giorni era bandita dalla mensa;
abbuffavo voce verbale (1ª pers. sg. imperf.
ind.)dell’infinito abbuffà = gonfiare, dilatare, ingrossare, allargare, enfiare
satollare; etimologicamente deriva quale denominale da un latino ad
+bufo→adbufo→abbufo→abbuffo= farsi gonfio come un rospo (lat. bufo/onis).
scorze s.vo f.le pl. di scorza = buccia, guscio, baccello,
invoLLUcro, tegumento ma anche corteccia d’albero, pelle, spoglia di serpente e
nel caso che ci occupa valva vuota di mitili e/o moLLUschi ; etimologicamente
dal
lat. scortea(m) 'veste di pelle', s.vo dell'agg. scorteus,
deriv. di scortum 'pelle';
lupine s.vo m.le pl. di lupino nome regionale (alibi
longone) d’ un tipo di mollusco bivalve affine alla vongola verace, ma piú
piccolo, di colore piú chiaro e sprovvisto di sifoni ; il nome gli deriva
dall’esser simile per forma al seme del lupino [dal lat. lupinu(m), agg. deriv.
di lupus 'lupo'; propr. 'erba dei lupi') pianta erbacea, gradita ai lupi,
produttrice di semi gialli che bolliti e
salati sono commestibili, (fam. Leguminose)].
2.CARTA VÈNE E GGHIUCATORE S'AVANTA.
Letteralmente: carta (vincente) viene e giocatore
(vittorioso) si vanta. La locuzione prendendo spunto dal giuoco delle carte
stigmatizza il comportamento ridicolo e pretestuosamento presuntuoso - tipico
peraltro di coloro che ànno scarse capacità intellettive - di chi tenti di
farsi merito di successi ottenuti non per propria capacità, intelligenza e
valore, ma per mera fortuna che lo abbia condotto al primato, come avviene in
taluni giuochi di carte dove basta il possesso di determinate carte vincenti a
procurare la vittoria e conta veramente poco il modo di giocare le predette
carte.
3.CARUSO, MELLUSO, MIETTE 'A CAPA ‘INT' Ô PERTUSO, E PPO
VÈNE 'O SCARRAFONE E TTE ROSECA 'O MELLONE...
Filastrocca quasi intraducibile ad litteram, ma che si può
rendere opportunamente con: ”Pelato, tosato poni la testa nel buco e poi arriva
una blatta che ti rode la testa calva”. Con tale filastrocca, recitata con tono
canzonatorio, a Napoli un tempo si soleva prendere in giro i ragazzi che - per
igiene - portavano la testa completamente rapata; li si insolentiva
preconizzando per loro che avrebbero avuto la testa rosicchiata da uno
scarafaggio.Per il vero in origine la filastrocca era usata per insolentire non
solo i ragazzi, ma soprattutto quegli adulti che in preda a furiose emicranie
si radevano completamente il capo e lo introducevano auspicandone una
miracolosa guarigione, in un foro esistente sul muro di cinta della chiesa di
S. Aspreno al Porto, nota anche come chiesa di Sant'Aspreno ai Tintori,antico
luogo di culto di Napoli; l'edificio è situato nei pressi del porto, in via
Sant'Aspreno, a fianco del Palazzo della Borsa nel luogo dove esisteva una
grotta che la tradizione volle dimora del santo vescovo; prima dell'VIII secolo
venne realizzata la chiesa che successivamente, nel XVII secolo, fu restaurata
su commissione del mercante Salvatore Perrella per grazie ricevute; nel 1895 fu
ulteriormente rimaneggiata e inglobata nel Palazzo della Borsa.Tornando alla
filastrocca c’è da notare che, essendo il foro presente sul muro di cinta della
chiesa (ubicata in una zona insalubre) molto umido, era ricettacolo di
blatte,insetti notoriamente avidi di liquidi e non era improbabile che qualche
scarafaggio assalisse il cranio rapato di chi l’introduceva nel foro.
Linguisticamente parlando faccio notare che i termini
d’attacco della filastrocca: caruso, melluso altro non sono che giocosi
sinonimi e valgono ambedue “testa rapata”: caruso è un s.vo. m.le deverbale di
carusà= rapare; trattasi di voce etimologicamente da collegarsi al verbo greco
kéirō = tosare verbo in cui è ravvisabile la radice kar presente in kara=
testa;
melluso è un s.vo. m.le adattamento, per cambio di
desinenza, di comodo (per rimare con caruso e con pertuso) di un originario
mell-one→mell-uso che 1 in primis vale cocomero, anguria; 2 per traslato testa
calva, testa rapata; voce dall’acc.vo tardo lat. melone(m) con raddoppiamento
espressivo della consonante laterale alveolare (L).
scarrafone s.vo. m.le = 1 in primis scarafaggio, blatta;
2per traslato individuo brutto, repellente; voce da un acc.vo lat. scarabaeu-m
+ un suff. accrescitivo one , raddoppiamento espressivo della consonante
liquida vibrante (R) ed esito d’influsso osco di ba in fa (cfr. runfà←rhombus,
scrofola←scrobula-m).
4.CAZZE, CAZZILLE E SS’ ’O TRUVAJE PICCIRILLO
Détto di chi eternamente indeciso/a, incerto/a, dubbioso/a,
esitante, tentennante, irresoluto/a,insicuro/a procrastini indefinitamente le
sue scelte o decisioni finendo per fare o prendere quelle meno esatte o utili;
nella fattispecie lo si dice sarcasticamente di una donna che incerta o
incontentabile, dopo d’aver indagato lungamente fra varî tipi di uomini finí
per scegliere il meno provvisto di quell’attributo maschile inteso come emblema
di forza, intelligenza e capacità.
cazze s.vo m.le pl. di cazzo s.vo m.le
1 (come nel caso che ci occupa)membro virile, pene;
2 (fig.) imbecille, persona sciocca, minchiona. testa di
cazzo, accr. cazzone
3 (fig.) nulla, niente: nun valé, nun capí, nun cumbinà ‘nu
cazzo (non valere, non capire, non combinarenulla) | usato come rafforzativo
spreg. in locuzioni negative: sono guarito... in grazia dell'aver fatto a modo
mio, cioè non aver usato un cazzo di medicamenti (LEOPARDI Lettere)
4 pl. (fig.) casi, fatti propri di qualcuno: nun se fa maje
‘e cazze suĵe( non si fa mai i fatti suoi) ||
5 Usato come inter. per esprimere stupore, ira, dispetto e
sim.
etimologicamente da una voce gergale marinaresca greca
akatiòn→(a)katiòn→cazzo= albero della nave;
cazzille s.vo m.le pl diminutivo della voce precedente (cfr.
il suff. ille pl. di illo)
truvaje voce verbale (3ªpers. sg. pass. remoto)dell’infinito
truvà =trovare, ma anche e qui imbattersi in;forse da un lat. volg.
*tropare,(esprimersi per tropi, che fu il modo tipico dei trovatori) dal class.
tropus 'tropo'(qualsiasi uso linguistico che trasferisca una parola dal
significato suo proprio ad un altro figurato; traslato: la metafora, la
metonimia, la sineddoche, l'antifrasi, l'iperbole sono tropi ); ma preferisco
pensare che l'etimo sia dal lat. volg. *truare propriamente rimestare in un
brodo quasi andando alla ricerca di qualcosa; tipico del napoletano la epentesi
eufonica di una consonante (qui v) donde *truare→truvare ;
piccerillo/rella s.vo ed agg.vo m.le o f.le piccolino,
minuto scarso, esiguo; sparuto limitato, leggero,modesto; etimologicamente voce
derivata da un lemma fonosimbolico pikk (donde anche l’italiano: piccino) con
ampliamento della base attraverso rillo/rella(piccerillo/piccerella) o altrove
reniello/renella (piccereniello/piccerenella).
5.CCA 'E PPEZZE E CCA 'O SAPONE.
Letteralmente: Qui gli stracci e qua il sapone. Espressione
che compendia l'avviso che non si fa credito e che al contrario a prestazione
segue o deve seguire immediata controprestazione. Essa locuzione era usata
temporibus illis a Napoli dai rigattieri che davano in cambio di abiti smessi o
altre cianfrusaglie, dell’artigianale sapone per bucato (sapone ‘e piazza, che
s’ebbe questo nome per il fatto di esser commercializzato in origine solo da
rigattieri ambulanti che erano soliti sostare in piazza con le loro mercanzie:
piatti, stoviglie, sapone che poi venivano portate a domicilio quale
corrispettivo di abiti smessi, cianfrusaglie frutto dello svuotamento di solai
e/o cantine e stracci rivenduti per la produzione della carta); dalla
consuetudine di cedere del sapone quei rigattieri furon détti appunto sapunare,
anche quando smisero di conferire sapone e si adattarono a dare poco, vile
danaro in cambio degli abiti smessi,cianfrusaglie, stracci e fondi di solai o
cantine.
Brak
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