1.CHELLA, MUGLIEREMA
È BBELLA,CE VUÓ TU CA ‘A ZENNIJE...
Quella, mia moglie è
bella, ti ci metti anche tu che le ammicchi! – Espressione analoga alla
precedente da intendersi,anche questa, per la prima parte, in senso
antifrastico atteso che realisticamente nell’espressione non si fa riferimento
all’avvenenza della moglie di chi parla, quanto al fatto spiecevole di una
consorte propensa al tradimento[cosa eufemisticamente nascosta sotto il termine
bella];anche nell’espressione in esame si tratta di amaro commento, quello di
un marito che si duole della probabile infedeltà della moglie, la quale, a
maggior disdoro,è fatta oggetto di attenzione e tentazione da parte di un terzo
che le faccia l’occhiolino. Insomma ci troviamo nella medesima situazione
iLLUstrata sub 7, situazione già di per sé precaria nella quale chi è in istato
di soccombenza non solo non riceve aiuto per migliorarlo, ma si imbatte in chi
lo peggiora maggiormente...
zennije voce verbale (2ª p. sg. ind.pr. dell’infinito zennià
= cennare, ammiccare, fare l’occhiolino, richiamare, far segni v. intr. [ dal
lat. tardo *cinnare «ammiccare»].
2.CHELLO CA NUN SE FA NUN SE SAPE.
Letteralmente: (solo) ciò che non si fa non si viene a
sapere. Id est: La fama diffonde le notizie e le propaga, per cui se si vuole
che le cose proprie non si sappiano in giro, occorre non farle, giacché ciò che
è fatto prima o poi viene risaputo.
3.CHELLO È BBELLO 'O PRUTUSINO, VA 'A GATTA E NCE PISCIA
‘NCOPPA...
Ad litteram: Il prezzemolo è bello, poi la gatta vi minge
su; espressione ironica da intendersi: Il prezzemolo non è rigoglioso, poi la
gatta vi minge sopra - Amaro commento di chi si trova in una situazione
precaria e non solo non riceve aiuto per migliorarla, ma si imbatte in chi la
peggiora maggiormente...L’espressione cosí come formulata con l’aggettivo
bello, parrebbe sostanziare un fatto o dote positiva, ma trattandosi di
un’espressione ironica se non sarcastica essa deve essere lètta in senso
antifrastico cioè negativo di talché il bello va inteso brutto
4.CHESTA È ‘A SCÒLA ‘E DONNA PEPPA
Letteralmente: questa è la scuola di donna Peppa! Id est:
questo è un Luogo dove regna il caos, il chiasso, l’insubordinazione, il
disordine, l’eccesso, l’intemperanza e la sfrenatezza rumorose; détto
ironicamente di luoghi e/o situazioni dove regnino frastuono, fracasso,
baccano, rumore, trambusto, putiferio, schiamazzo, strepito, canizza,
chiassata, gazzarra quasi che fosse stato preso a modello il comportamento
rumoroso, chiassoso normalmente tenuto dal pubblico plebeo volgare, grossolano,
rozzo, incivile di quel teatro popolare sito in via Marina nei pressi della
Chiesa del Carmine di piazza Mercato , comunemente chiamato ‘a puteca ‘e Donna
Peppa ( che era la famosa donna Maria Giuseppa Errico (Napoli, 1792-† ivi
1867), , moglie di Salvatore Petito e mamma del famosissimo Antonio – Totonno
Petito),teatro dove il pubblico dei lazzaroni notoriamente interloquiva con
rumorosa sfrenatezza di gesti e di gergo con gli attori nel corso della
rappresentazione.Nella espressione in esame quel teatro/puteca (bottega) è
détto ironicamente scòla (scuola) in quanto modello, fonte di cattivo
insegnamento.
La medesima Donna Peppa ( cioè la famosissima donna Maria
Giuseppa Errico (Napoli, 1792-† ivi 1867), , moglie di Salvatore Petito e mamma
del celeberrimo Antonio – Totonno Petito), accreditata di essere donna
insofferente, intollerante e nervosa per i modi spicci e sbrigativi con cui
affrontava il facinoroso pubblico di adulti e di minori del suo teatro/puteca,
viene chiamata in causa nelle icastiche espressioni 1) DONNA PEPPA, TUTTO LLE
FÈTE SOTT’Ô NASO o alternativamente 2) DONNA PEPPA,LLE DÀNNO ‘MPICCIO ‘E PILE
‘INT’Ô NASO, espressioni che ad litteram valgono 1)Donna Peppa, le pute tutto
sotto il naso!, 2)Donna Peppa, le sono di fastidio i peli nel naso!,
espressioni alternativamente usate a dileggio,soprattutto di donne, ma talora
anche di uomini, che si mostrino intolleranti, insofferenti, impazienti,
smaniose/i anche in presenza delle piú lievi seccature o di risibili intralci,
tal quali la mamma di Totonno Petito.
5.CHI ‘NFRUCE, NUN LUCE
Ad litteram: Chi accumula stipando(beni e/o danaro)non
rifulge . Id est: L’avaro, a malgrado possieda molte ricchezze messe via
raccogliendone in quantità, non risulta risplendente, smagliante, lucente,
rilucente davanti al prossimo in quanto non riesce a godere appieno dei beni
accumulati atteso che non ne usa o mette in mostra nel timore che l’esposizione
induca i malintenzionati a sottrarglieli.
‘nfruce = accumula, stipa voce verbale 3ª p. sg. ind. pr.
dell’infinito ‘nfrúcere =ammassare, stivare, assembrare [lettura metatetica ed
aferizzata con ritrazione d’accento(tipica del lat. parlato e volgare) e cambio
di coniugazione del lat. infulcíre→(i)nflúcire→’nflúcere→’nfrúcere].
luce = riluce,risplende voce verbale 3ª p. sg. ind. pr.
dell’infinito lúcere che è dal lat. lucère con ritrazione d’accento [tipica del
lat. parlato e volgare].
Brak
Nessun commento:
Posta un commento