1.'A SCIORTA 'E CAZZETTA: JETTE A PISCIÀ E SSE NNE CADETTE.
Letteralmente: la cattiva fortuna di Cazzetta: si dispose a
mingere e perse per caduta l'organo deputato alla bisogna. Iperbolica locuzione
costruita dal popolo napoletano intorno ad un fantomatico Cazzetta ritenuto
cosí sfortunato da non potersi permettere le piú elementari funzioni
fisiologiche senza incorrere in danni incommensurabii. La locuzione è l'amaro
commento fatto da chi veda le proprie opere non produrre gli sperati risultati
positivi, ma al contrario negatività non prevedibili.
2. SERA SO' BBASTIMIENTE,  MATINA SO' VVARCHETELLE.
Ad litteram: a sera sono grosse navi, di mattina piccole
barche.Con il mutare delle ore del giorno, mutano le prospettive o le
proporzioni delle cose; cosí quegli accadimenti che di sera sembrano
insormontabili problemi, passata la notte, alla luce del giorno, si rivelano
per piccoli insignificanti intoppi.
3.'A SOCCIA MANO STEVA APPESA DINT' Ê GUANTARE.
Letteralmente: la medesima mano era appesa nei Guantai. La
locuzione viene usata per connotare chiunque sia avaro o eccessivamente
parsimonioso al punto da non elargire mai un'elemosina o ,peggio ancora, al
punto da non concorrere mai fattivamente, con elargizione di danaro, ad
un'opera comunitaria. La mano della locuzione ricorda quella enorme, ma
immobile che, a fini di pubblicità, era esposta a Napoli nel quartiere dei
Guantai dove aprivano bottega numerosi fabbricanti di guanti.
4.'A SOTTO P’’E CCHIANCARELLE!
Ad litteram: Di sotto a causa dei penconcelli ma a senso:
Attenti alla caduta dei panconcelli!
Locuzione con la quale si suole commentare tutti gli
avvenimenti risultati o gravosi o pericolosi nel loro evolvere; essa prende
l’avvio dal grido di avvertimento che erano soliti lanciare gli operai addetti
alla demolizione di vecchi fabbricati affinché chi si trovasse a passare
ponesse attenzione all’eventuale caduta dall’alto dei dissestati panconcelli:
strette doghe di stagionato castagno, doghe che poste trasversalmente sulle
travi portanti sorreggevano l’impiantito dei solai.
Oggi, per traslato, la locuzione viene usata quando si
voglia avvertire che ci si trova davanti ad una situazione grave o foriera di
pericolo, o quando ci si vuole dolere di non aver fatto a tempo ad avvertire
gli altri dell’approssimarsi d’un danno e il danno stesso si sia già manifestato.
‘a sotto loc. avverbiale che vale da/di sotto formata dalla
preposizione ‘a= da che è dal lat. de ab nei valori di moto da Luogo, origine,
agente ecc.; e dal lat. de ad nei valori di moto a Luogo, stato in Luogo,
destinazione, modo, fine ecc + l’avverbio sotto = sotto, in posizione inferiore
dal tardo lat. subtus, avv. deriv. di sub 'sotto';
chiancarelle s.f. pl. di chiancarella = panconcello/a: asse
di legno di contenuti spessore e lunghezza, asse ricavata dal taglio
longitudinale del tronco d'albero (per solito castagno) e destinata, dopo la
stagionatura, a essere ulteriormente tagliata in assi piú sottili, un tempo
destinata alla formazione dell’impiantito di solai e/o pavimenti; la voce
napoletana è un diminutivo di chianca che è dal lat. planca (tavola): normale
nel napoletano il passaggio del digramma pl a chi cfr. platea→chiazza -
plumbeum→ chiummo - plus→ cchiú - pluere→chio(v)ere; rammento che in napoletano
la voce chianca derivata di planca indica la macelleria, il negozio di vendita
di carni al minuto in quanto in origine nelle macellerie la carne veniva
esposta e sezionata su di una tavola (planca→chianca) di legno.
5.A STRACCE E PPETACCE
Ad litteram: A stracci e brandelli; locuzione modale usata
per indicare sarcasticamente tutte le azioni fatte in modo discontinuo, con
scarsa applicazione, a morsi e bocconi, azioni che lasciano presagire risultati
pessimi.
stracce s. m. plurale di straccio= pezzo di tessuto logoro,
riutilizzabile industrialmente per la fabbricazione di carta e tessuti o impiegato
in usi domestici per pulire e spolverare (in quest'ultimo caso, anche come
prodotto commerciale specificamente fabbricato a tale scopo); nella loc. ‘nu
straccio ‘e, (fam.) per indicare cosa o persona qualsiasi, di poco conto: nun
tène ‘nu straccio ‘e vestito ‘a metterse ‘ncuollo=addosso; ‘nu straccio ‘e
marito, ‘e; nun tene neppure ‘nu straccio ‘e amico pe se cunfidà; spec. pl.
indumento logoro e dimesso: jí in giro vestuto ‘e stracce.
quanto all’etimo, straccio è un deverbale di stracci-are/à
che è dal lat. volg. *extractiare, deriv. di tractus, part. pass. di trahere
'trarre';
petacce s.f. plurale di petaccia = cencio, brandello,
straccio ed estensivamente abito di tessuto logoro; piú in generale con tutte
le accezioni del precedente straccio, ma con valore accresciuto nel negativo:
cchiú ca ‘nu straccio era ‘na petaccia!
quanto all’etimo, petaccia appare a taluno un derivato dello
spagnolo pedazo= pezzo ma a mio avviso non è errato vedervi un derivato del
lat. volg. *pettia(m), di origine celtica = pezza secondo il seguente percorso
morfologico: pettia(m)→pet(ti)a(m) + il suff. dispregiativo aceus/a→accio/a;
tuttavia è anche ipotizzato un lat. volg. *pitacium accanto al classico
pittacium/pittacia= cencio, brandello. C’è da scegliere, quantunque a me piaccia
la derivazione dal lat. volg. *pettia(m).
Brak
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